È morto Luciano Vassallo, nazionale Etiope riparato a Ostia contro la dittatura

Protagonista di una vita da film, tra fughe dalla dittatura e calcio giocato, Vassallo era molto legato al territorio lidense

Ostia: domani, sabato 17 settembre, alle 14 si celebreranno presso la chiesa di Santa Monica i funerali di Luciano Vassallo, storica figura del calcio locale che ha vissuto nella cittadina lidense. Qui aveva aperto una attività dopo la fine della carriera sportiva, allestendo anche una scuola calcio presso la polisportiva rossoblù Rodolfo Morandi a seguito della fuga dalla dittatura etiope.

Protagonista di una vita da film, tra fughe dalla dittatura e calcio giocato, Vassallo era molto legato al territorio lidense

Classe 1935, si è spento all’età di 87 anni dopo una vita densa di sacrifici e un amore smodato per il pallone.

Vassallo, nato ad Asmara, nell’Etiopia italiana, era figlio di una donna indigena, Mebrak, e di un militare italiano, Vittorio Vassallo e suo fratello Italo, è divenuto anch’egli un calciatore.

Abbandonato dal padre, venne allevato dalla madre. Dovette abbandonare le scuole in tenera età per i continui maltrattamenti causati dalla sua condizione di “meticcio”, che lo rendeva vittima di discriminazioni sia da parte degli italiani che dagli stessi eritrei.

Parallelamente alla sua attività di calciatore Vassallo fu meccanico, prima per le ferrovie eritree e poi privatamente, diventando proprietario di una officina Volkswagen autorizzata ad Addis Abeba.

A seguito di alcune confessioni fattegli da alcuni suoi ex giocatori, Vassallo denunciò ai giornalisti l’uso da parte del tecnico della nazionale etiope, il tedesco Peter Schnittger, del captagon, una sostanza dopante, inimicandosi così la federazione etiope.

All’avvento al potere di Menghistu Hailè Mariàm in Etiopia, Vassallo fu accusato di connivenza con il precedente regime ed arrestato. Riuscì a fuggire dalle grinfie della dittatura poiché in prigione trovò un militare suo tifoso che lo aiutò ad evadere e ad espatriare a Gibuti.

Da lì giunse in Egitto, al Cairo dove il 13 maggio 1978 partì alla volta dell’Italia, raggiungendo così la sua famiglia che aveva precedentemente fatto allontanare dall’Africa.

In Italia riuscì ad ottenere il riconoscimento della cittadinanza italiana per jure sanguinis e ad avviare, insieme ad un socio, un’officina meccanica ad Ostia.

Ha scritto un libro autobiografico molto sentito per gli appassionati di calcio di “nicchia”, che si nutrono delle gesta da film come quelle della sua movimentata esistenza. Il testo si intitola “Mamma ecco i soldi”.

Nel 2014 il giornalista e scrittore Antonio Felici ha portato alla pubblica ribalta la storia di Vassallo in “Stella d’Africa – La vita straordinaria di Luciano Vassallo” tessendone le lodi e tratteggiandone una figura quasi mitica per il calcio africano anni ’60, e poi esule in Italia.

Basandosi sui ricordi di Luciano, raccolti in occasione di intensi incontri, l’autore ha ricostruito, in forma romanzata, la sua vita.

L’ascesa della “Stella d’Africa”

Dalla scuola abbandonata a otto anni per sfuggire alle molestie dei preti pedofili, l’uomo soprannominato “il métis” – il meticcio – racconta che fino ai 15 anni ha “mangiato il pane facendo lo spazzino, ha venduto i giornali e fatto il parcheggiatore”. Poi, dato il talento, sono arrivati i primi guadagni e successi con il calcio.

Da ragazzino gioca nella Stella Asmarina, squadra composta interamente da meticci, e si rivela un giocatore fenomenale, un “10” alla Rivera o alla Platini. Siccome è davvero forte, lo ingaggia il Dire Daua Cotton Club, in Etiopia, una specie di Juventus etiope con la bacheca stracolma di titoli. E qui comincia a costruirsi la fama di leggenda.

Va in nazionale etiope e Vassallo diventa una stella dopo aver vinto i campionati africani battendo l’Egitto in un’avvincente finale. Quel giorno si gioca in casa, ad Addis Abeba, davanti ad Hailé Selassié. Al fischio finale i tifosi sono pazzi di gioia ed è lo stesso imperatore che regala a Luciano una lussuosa auto.

Il presidente della Federazione – appartenente alla fazione anti-Selassié – però ricorda a Vassallo che resta un “meticcio”.

Solo per Luciano il bonus promesso per la vittoria di 2mila dollari scende a 500.

Ma lui non ci fa caso, perchè i successi arrivano uno dopo l’altro: vince “l’Étoile d’Afrique”, la “Stella d’africa”, ovvero il Pallone d’Oro africano. Quando smetterà con la nazionale avrà ammassato 104 presenze e 99 gol.

Selassié, che è pazzo per Luciano, lo manda a Coverciano dove prende il patentino da allenatore assieme a Cesare Maldini e Luis Vinicio e al ritorno diventa l’allenaotre dell’Etiopia.

Il declino di un mito e la seconda vita di Luciano Vassallo

Guadagna tanto, diventa il proprietario di una concessionaria Volkswagen ad Addis Abeba. Purtroppo l’imperatore viene rovesciato da un golpe e sale al potere Menghistu, il «negus rosso» vicino all’Urss.

Un assassino che verrà condannato per genocidio nel 2007 e che sfuggirà al carcere grazie a una specie di esilio nello Zimbabwe.

Nel 1977, anno in cui l’Etiopia comincia a scottare per il Vassallo sostituito intanto alla guida della nazionale da un tecnico della Ddr. Addirittura lo arrestano “per complicità con il vecchio regime”, lo picchiano, ma in qualche modo – grazie a un poliziotto suo tifoso – riesce a uscire di prigione. Attraversato il deserto si stabilisce a Ostia dove – un anno prima, previdente – aveva trasferito la famiglia.

Ma non ha più niente, Menghistu gli ha sequestrato tutte le proprietà che non rivedrà mai più e da lì la scelta, con grandi sacrifici di rifarsi una nuova vita sul mare di Roma riparando auto ed insegnando calcio nella sua scuola e accudendo amorevolmente i suoi cinque figli, uno dei quali morirà in un incidente stradale.

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