Qualche giorno fa gli utenti si sono presi a cazzotti mentre erano in fila. E non passa giorno che ci sia qualcuno che protesta, si spazientisce, resta disorientato nel labirinto della burocrazia e delle carenze organizzative.
L’esperienza di una lettrice alla Casa della Salute: tra disorganizzazione, carenza di informazioni e limiti alle prestazioni la salute si rischia di perderla
Persino le guardie giurate poste a tutela dell’ordine nei servizi al pubblico (leggi qui) concordano che l’organizzazione sia latitante nella Casa della Salute di lungomare Paolo Toscanelli, a Ostia. Quello che doveva essere nei progetti del Ministero e delle Regioni un presidio destinato a favorire corridoi preferenziali ai malati cronici, sembra piuttosto un refugium in peccatorum. Almeno qui a Ostia, si ha la sensazione che in quella struttura sia stati dirottati servizi che non hanno trovato posto altrove. Insomma, il convincimento è che non ci sia una visione strategica al di fuori di quella del poliambulatorio.
Il racconto
Alla luce delle numerose segnalazioni che arrivano in redazione, abbiamo selezionato quella che ci sembra più dettagliata e riassuntiva. Anche perché elaborata da un’addetta ai lavori, un medico che per tanti anni ha lavorato nella sanità pubblica. Eccovi il racconto di una mattinata tipo alla Casa della Salute di Ostia.
“La mattina di un sabato qualunque, ore 7,15. Esterno giorno: Presidio Sant’Agostino, oggi Casa della Salute” nel Municipio X. Sono all’esterno del Presidio, una decina di persone attendono di poter capire se si può accedere all’interno per effettuare esami. Qualcuno racconta di aver visto dei pezzettini di carta con dei numeri posti alla rinfusa presso l’ingresso del Presidio.
Intorno alle 7,30 una guardia giurata molto gentile e paziente esce dal Presidio precisando che i 50 numeri previsti per questa mattina stanno per finire e che potranno essere erogate solo 50 prestazioni. Per fortuna sono arrivata in tempo mi viene consegnato il numero 44.
Intorno alle ore 8 apre al pubblico il CUP del Presidio che si occuperà delle prenotazioni di visite specialistiche. Il tempo passa e finalmente accedo nel Presidio e mi viene detto di accomodarmi in una 1° sala d’attesa
Nel frattempo un anziano invalido civile al 100%, chiede alla guardia giurata di poter entrare, ma anche per lui è tardi e sono appena le ore 8,00 del mattino, con gentilezza gli viene proposto di provare al Presidio di Ostia Antica (35 prestazioni erogabili giornalmente) o a Casal Bernocchi (presidio del quale non si conosce il numero di prestazioni erogabili). Stesso destino per una signora anziana diabetica che chiede di poter effettuare esami di controllo.
L’unico Ospedale del territorio (circa 300,000 residenti), il G.B.Grassi, è aperto agli esterni solo per le urgenze di Pronto soccorso. Siamo in tempo di Covid.
Una signora giovane dopo aver vagato per i piani del Presidio per avere informazioni sullo screenig non riuscendo ad averle, se ne va rattristata. Rifletto e penso che sono ancora fortunata perché riesco a muovermi autonomamente e mi posso recare in strutture private territoriali in cui scopro pacchetti di offerte attraverso i quali poter accedere alle prestazioni di cui necessito. Il tempo passa e mi viene chiesto di accedere in una seconda sala di attesa adibita all’accettazione. Finalmente riesco ad accedere nell’ambulatorio dedicato. (dopo un’ora e 45 minuti).
E pensare che ho dedicato l’intera mia vita lavorativa (42 anni) alla sanità pubblica. Ora in pensione, non riconosco più la “mia“ sanità in cui ho sempre creduto.
Nel Presidio sopra indicato non esiste piu’ una accoglienza per l’utente, che si trova costretto a vagare per i piani spesso inutilmente. Cosa che purtroppo ho visto ripetersi anche in altri presidi ASL. La carenza di personale è evidentissima. I tagli effettuati negli anni precedenti sono stati portati alla ribalta dalla pandemia generata dal coronavirus, che ormai viene posto spesso come alibi. Numeri telefonici a disposizione del cittadino, non passanti attraverso centralino oltre ad una pagina web dedicata aggiornata sicuramente eviterebbero code, inutili.
Mi chiedo se non sia giunto il momento di mettere a concorso i posti vacanti in sanità rispettando le professionalità dei nostri giovani che sono stanchi di stare in panchina o immersi in continui corsi di aggiornamento/formazione, ma che non riescono ad acquisire esperienza sul campo.
Cosa servirebbe?
Proporre una nuova riforma sanitaria che finalmente metta al centro il paziente/cittadino/utente, credo sia ormai indispensabile, gli ultimi due anni, anni duri in cui ci si è resi conto che difficilmente si riusciva a d avere contatti con il proprio medico curante hanno ampiamente dimostrato una estrema carenza di comunicazione nei confronti della cosiddetta “utenza”, carenza di rapporti umani.
Una rete di comunicazione diciamo di “base” va comunque ripristinata, a partire da personale formato ad hoc la cui presenza si rende necessaria in tutti i presidi ASL in particolare presso le “Case della Salute” spesso inaugurate, ma che rimangono “scatole vuote” con all’interno apparecchiature anche nuove, ma che non possono essere utilizzate a pieno per carenza di personale.
Umanizzare il lavoro del Medico Curante, oggi ridotto prettamente a personale di tipo amministrativo, ampliando la possibilità di cura, non certo il numero dei pazienti, ma riportandolo finalmente accanto al paziente per consentirne la cura.
Ciò contribuirebbe, nell’ordine ad aiutare i pazienti fragili, a evitare disservizi e reazioni violente nei confronti dei pochi operatori che sono ancora in campo, a ripristinare dalla base il rapporto umano di cui ciascuno di noi necessita proprio in quanto Uomo.
Il ruolo del proprio medico curante dovrebbe essere fondamentale nell’acquisire la giusta informazione.
Gli sprechi in sanità sono ben altri e con i mezzi informatici a disposizione, i dovuti controlli, le professionalità ancora presenti in Italia, possono essere evidenziati con facilità. I tagli come ben dimostrato dalla pandemia , non sono stati la panacea per rendere piu’ “virtuose le Regioni, ma hanno rivelato solo una sanità pubblica già bisognosa di cure che in emergenza non ha potuto far altro che rendere gli ospedali “covid hospital” riducendo drasticamente il numero di prestazioni erogate nei confronti di pazienti affetti da altre patologie, che sono scomparsi d’incanto, ma che esistono.
Fuori ovviamente gli altri, quelli che spesso sentiamo indicare come “ultimi”.
Annarita Barbacane
Ostia, botte in coda alla Casa della Salute. Appello dei vigilante