Il mistero etrusco della Tomba François di Vulci

Un segreto si nasconde tra gli affreschi della Tomba François di Vulci, capolavoro dell'arte e dell'architettura etrusche

La Tomba François risalente al 340-330 a.C. apparteneva alla potente famiglia etrusca dei Saties di Vulci. Fu scoperta nel 1857 dall’archeologo e Commissario regio di Guerra e Marina del Granducato di Toscana, Alessandro François a cui fu intitolata.

La Tomba François si trova nella Necropoli di Ponte Rotto a Vulci (Viterbo)

Per via dello straordinario ciclo pittorico, (temi troiani e temi eroici all’interno di un contesto volutamente anti-romano), che la caratterizza, la Tomba François è considerata tra i più importanti monumenti etruschi al mondo. I Saties, ricchissima famiglia gentilizia etrusca di Vulci commissionarono un grandioso sepolcro monumentale; il dromos di accesso è imponente con i suoi 31,5 metri di lunghezza, lungo i quali si aprono tre camere secondarie e un’edicola funeraria. Si giunge nell’ambiente principale, una struttura a T rovesciata dai cui lati si accede a ben sette camere.

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Pianta della Tomba François di Vulci. Licenze Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo 3.0 Unported, 2.5 Generico. Fonte Wikimedia.

Questi ambienti sono tutti a pianta trapezoidale tranne la stanza VII che è rettangolare. Stupende anche le strutture dei soffitti a spiovente con columen in rilievo. La stanza III presenta invece un soffitto a cassettoni con il caratteristico volto di Charun (Caronte) collocato al suo centro. Gli affreschi riguardano fatti noti della mitologia greca con una sorta di contrapposizione con avvenimenti della storia locale. Ad esempio sempre nella stanza III troviamo il sacrificio dei prigionieri troiani perpetrato da Achille in onore di Patroclo e la scena “famosa” della lotta tra i condottieri etruschi tra cui Mastarna, i fratelli Vibenna e “sodales” vari.

La Tomba François è un capolavoro assoluto, massima espressione dell’arte decorativa e del talento architettonico del tempo. Un patrimonio inestimabile i cui affreschi originali furono distaccati nel 1863, a pochi anni dalla scoperta, per essere conservati a Roma, prima nel Museo Torlonia di via della Lungara e infine trasferiti a Villa Albani. Ad oggi solo gli studiosi possono accedere con facilità agli affreschi quando sarebbe desiderio comune che l’importante ciclo pittorico possa tornare in mostra nella sua sede originale. Una querelle tuttora in corso almeno stando all’ultimo articolo in merito, apparso su Adnkronos nel 2017.

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Sacrificio dei prigionieri troiani, copia dell’affresco della Tomba François di Vulci eseguita da Augusto Guido Gatti nel 1931. Tra Vanth e Charun è raffigurato Achille (Acle) che affonda la spada nel collo di uno dei prigionieri. Fotografia di pubblico dominio. Fonte: Wikimedia.

Nell’affresco suddetto (stanza III), possiamo ammirare una scena che raffigura il sacrificio dei prigionieri troiani. Achille che affonda la spada nel collo di un povero malcapitato è raffigurato tra Vanth, divinità etrusca femminile alata degli Inferi e Charun, uno psicopompo del mondo sotterraneo col compito di “accompagnare” i defunti nel loro ultimo viaggio verso l’Oltretomba.

Charun può essere assimilato al Caronte ellenico ma sussistono differenze importanti tra le due figure mitologiche. Caronte era il traghettatore alla guida della barca che trasportava le anime dei morti attraverso l’Acheronte (secondo Pausania, lo Stige secondo Virgilio nell’Eneide), un ramo dello Stige, il principale fiume che scorreva nel mondo sotterraneo. Charun, al contrario, si muoveva a piedi, a cavallo o su un carro. Egli non solo scortava i defunti verso la meta finale ma doveva “strapparli” al saluto dei loro cari.

Di Caronte possiamo leggere la descrizione di Virgilio nell’EneideCaronte custodisce queste acque e il fiume e, orrendo nocchiero, a cui una larga canizie invade il mento, si sbarrano gli occhi di fiamma, sordido pende dagli omeri il mantello annodato.»

Per quanto riguarda il demone etrusco abbiamo diverse rappresentazioni nelle tombe etrusche: Charun si presenta con barba nera, naso adunco e orecchie a punta. Ha un colore di pelle bluastro e tra le mani tiene un grosso martello, il suo simbolo religioso.

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Copia Ruspi (1861) dall’originale affresco della Tomba François di Vulci. Fotografia di pubblico dominio. Fonte: Wikimedia.

L’affresco che osserviamo subito sopra (stanza III), in una ricostruzione, è probabilmente il più conosciuto dell’intero ciclo pittorico della Tomba François di Vulci. Rappresenta la liberazione del condottiero etrusco Celio Vibenna (Caile Vipinas). La pittura nasconde un affascinante mistero. Analizziamola nel dettaglio: Caile Vipinas a sinistra viene liberato dalle corde da una tale Macstrna. A seguire Larth Ulthes uccide Laris Papathnas Velznach, Pesna Aremsnas Sveamach viene ucciso da Rasce, Plsachs è, invece, ucciso da Aule Vipienas. Infine Marce Camitlnas minaccia Cnaeve Tarchunies Rumach.

Tutto ciò si riferisce al “periodo dei condottieri” (VI-V secolo a.C.), una fase storica nella quale diversi duces etruschi compirono spedizioni di conquista in Etruria e nel Lazio. A noi interessa quel tal Macstrna che la tradizione identifica in Servio Tullio, sesto re di Roma dal 578 al 539 a.C. Fu l’imperatore Claudio, grande studioso di cultura etrusca, a svelare l’arcano in un famoso discorso, (riportato nelle tavole di bronzo di Lione), nel quale ribadiva la tendenza romana nell’accogliere gli stranieri tra le propria mura. Mastarna, alias Servio Tullio sarebbe stato un sodale del condottiero Celio Vibenna. Il gruppo suddetto avrebbe preso dimora sul Monte Celio a Roma. Dopo alterne e sanguinose vicende, Mastarna avrebbe assunto il potere sulle comunità circostanti, cambiando il suo nome nel latino “Servio Tullio”.

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Affresco originale della Tomba François con lo scontro in cui compare Mastarna, probabilmente Servio Tullio, sesto re di Roma. Fotografia di pubblico dominio. Fonte: Wikimedia.

La Tomba François nasconde nel suo ciclo pittorico un mistero che si collega direttamente alle Origini di Roma. Mastarna potrebbe davvero essere il sesto re di Roma, salito al trono col nome di Servio Tullio? Sono molte le leggende che riguardano l’ascesa al trono dell’Urbe di questo sovrano, forse la Tomba di Vulci ce ne restituisce la versione più plausibile.

La Tomba François è visitabile rivolgendosi alla biglietteria del Parco Naturalistico ed Archeologico di Vulci (trattato in questo precedente articolo). Il ciclo pittorico, come già accennato, rimane parte di una collezione privata, visibile unicamente per motivi di studio e in rarissimi eventi espositivi.

Bibliografia e sitografia.

  • “Origini e storia primitiva di Roma”, Massimo Pallottino, Rusconi (1993).
  • “La grande Roma dei Tarquini”, catalogo di mostra, “L’Erma di Bretschneider” (1990).
  • Approfondimento sulla Tomba Francois sul sito www.canino.info

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