Ndrangheta sul litorale romano, 65 misure cautelari (VIDEO)

Anzio e Nettuno epicentro della maxi operazione della Direzione distrettuale antimafia. Perquisizioni anche negli uffici comunali

Alle prime ore del mattino di oggi, giovedì 17 febbraio, si è svolta una vasta operazione dei Carabinieri del Comando Provinciale di Roma che hanno dato esecuzione a un’ordinanza, emessa dal gip del Tribunale di Roma su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, che dispone misure cautelari nei confronti di 65 persone.

Dall’alba maxi operazione della Direzione distrettuale antimafia ad Anzio e Nettuno

Alcune di queste sono gravemente indiziate di far parte di un’associazione per delinquere di stampo mafioso.

Secondo quanto emerso dalle indagini, avrebbero costituito una locale di ‘ndrangheta, che si ipotizza avesse assunto il controllo del territorio nel litorale a sud di Roma, infiltrandosi nelle pubbliche amministrazioni e gestendo operazioni di narcotraffico internazionale.

Più in particolare, nel corso della attività di indagine, avviata nel 2018 dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma con il coordinamento della DDA della Procura capitolina, sono stati raccolti elementi gravemente indiziari in ordine alla esistenza, nell’ambito della associazione di tipo mafioso unitaria denominata ‘ndrangheta, che opera nelle province calabresi, in altre regioni italiane (Lazio, Lombardia, Emilia, Piemonte, Liguria, Valle d’Aosta) e sul territorio estero (Svizzera, Germania, Canada, Australia), costituita da molte decine di locali e con organo collegiale di vertice denominato “la Provincia” di un’articolazione operante sul territorio dei comuni di Anzio e Nettuno.

La banda si avvaleva della forza di intimidazione che scaturisce dal vincolo associativo e delle conseguenti condizioni di assoggettamento e di omertà che si creavano nel citato territorio, avendo come scopo quello di acquisire la gestione e il controllo di attività economiche nei più svariati settori, di commettere delitti contro il patrimonio, contro la vita e l’incolumità individuale, contro la pubblica amministrazione e in materia di armi e stupefacenti, di affermare il controllo egemonico sul territorio, realizzato anche attraverso accordi con organizzazioni criminose omologhe e mediante infiltrazioni nelle amministrazioni comunali e di procurarsi ingiuste utilità.

I nomi degli indiziati

Gravemente indiziato di essere a capo di tale struttura criminale è Giacomo Madaffari , ne farebbero inoltre parte anche diversi soggetti appartenenti a storiche famiglie di ‘ndrangheta originarie di Guardavalle (CZ)come i Gallace, i Perronace, i Tedesco.

Dalle indagini emerge l’esistenza di due associazioni finalizzate al narcotraffico, una capeggiata dal Madaffari e l’altra da Bruno Gallace, dotate di elevate disponibilità finanziarie e logistiche, nonché delle capacità di approvvigionare e importare dal Sud America ingenti quantitativi di cocaina.

Gli sviluppi investigativi, in particolare, hanno consentito di ricostruire l’importazione dalla Colombia e l’immissione sul mercato italiano di 258 chili di cocaina, avvenuta nella primavera del 2018, tramite un narcotrafficante colombiano, disciolta nel carbone e successivamente estratta all’interno di un laboratorio allestito per la circostanza nel territorio a sud di Roma. Parte della sostanza stupefacente, pari a circa 15 kg, veniva rinvenuta, a seguito di una perquisizione domiciliare, all’interno di una valigia che era stata occultata presso l’abitazione della sorella di uno degli appartenenti al sodalizio, la quale veniva arrestata.

Ricostruito anche il progetto di acquistare e importare da Panama circa 500 chili di cocaina occultata a bordo di un veliero: a tal fine avviavano i lavori di ristrutturazione all’estero del natante (che in origine veniva utilizzato per regate transoceaniche), concordavano le operazioni di carico portuale in acque sudamericane e pianificavano le attività di scarico e custodia della sostanza stupefacente in Italia. Tuttavia, non portavano a termine tale operazione perché venivano a conoscenza di attività investigative in corso nei riguardi di appartenenti al sodalizio.

Le misure cautelari sono state adottate anche per il reato di traffico organizzato di rifiuti, in relazione alla abusiva gestione di ingenti quantitativi di liquami che sarebbero stati scaricati nella rete fognaria comunale attraverso tombini, alcuni dei quali realizzati ad hoc all’interno della sede di attività imprenditoriali facenti capo agli imputati sul territorio di Anzio.

Le quote, l’intero patrimonio aziendale, i conti correnti e le autorizzazioni all’esercizio delle attività commerciali sono state sottoposte a sequestro preventivo.

Coinvolti nelle indagini anche due militari

Dalle attività di indagine sono emersi elementi circa il reperimento di informazioni riservate da parte di alcuni appartenenti alle forze dell’ordine. Le indagini svolte dai Carabinieri su due militari, appartenenti a una delle caserme del litorale, hanno evidenziato gravi indizi in ordine alla rivelazione di informazioni riservate a favore del sodalizio di tipo mafioso. Entrambi destinatari della misura cautelare (uno agli arresti domiciliari e l’altro in carcere), sono gravemente indiziati di rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio, nonché, uno dei due, di concorso esterno in associazione mafiosa.

Sono in corso anche attività di perquisizione presso gli uffici comunali di Anzio e Nettuno tese a ricercare documentazione utile alle indagini.

Ricordiamo che la posizione dei soggetti raggiunti dall’ordine di custodia cautelare è quella di indagati e che le prove si formano nel corso del processo. Fino al terzo grado di giudizio un indagato non può essere considerato colpevole.

Lo sgombero di due immobili Ater

Contemporaneamente nel quartiere romano di San Basilio si svolge un’operazione interforze di sgombero di due immobili dell’Ater, occupati abusivamente da esponenti dei clan. L’operazione era stata pianificata nel corso del comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica del 3 febbraio scorso, presieduto dal prefetto Matteo Piantedosi. Il primo appartamento, occupato da un membro della famiglia Pupillo, si trova in via Montegiorgio e il secondo, occupato da Luigi Marando, considerato appartenente all’omonimo clan di ‘Ndrangheta, si trova in via Fabriano. Non è stato precisato se gli sgomberi sono da mettersi in relazione allo scacco matto che la DDA sta impartendo alla ‘ndrangheta in queste ore.

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