Stampa Romana, Lazio al primo posto per intimidazioni ai giornalistI

Per il quarto anno di seguito il Lazio è la regione che registra il maggior numero di atti intimidatori ai giornalisti 

Roma: pubblicato l’ultimo rapporto del Dipartimento di pubblica sicurezza che analizza minacce, aggressioni e atti vandalici nei confronti dei giornalisti. I numeri e la classifica degli ultimi 4 anni, vedono un dato sconfortante nella Regione Lazio, dove la categoria dei giornalisti  registra un costante primato per aver subito la maggior quantità di atti intimidatori, troppo spesso anche non denunciati. 

Per il quarto anno di seguito il Lazio è la regione che registra il maggior numero di atti intimidatori ai giornalisti

Sembrerebbe proprio il Lazio la regione italiana dov’è più pericolo svolgere il mestiere di giornalista. Crescono infatti di anno in anno le intimidazioni ai giornalisti, secondo quanto dettagliatamente riportato, dal Dipartimento di pubblica sicurezza che ha analizzato minacce, aggressioni e atti vandalici dal 2018 alla prima metà del 2021.

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Nella crescita esponenziale di questi episodi (73 nel 2018, 87 l’anno successivo, 163 nel 2020 e già 110 dall’inizio del 2021) il nostro territorio continua a far registrare il maggior numero di intimidazioni, che arrivano soprattutto da contesti criminali, ma non mancano quelle di carattere socio-politico.

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Modus operandi degli atti intimidatori ai giornalisti

Riguardo alle modalità con cui vengono posti in essere gli atti intimidatori nei riguardi dei giornalisti, sono state catalogate diverse casistiche che vanno dall’aggressione fisica, ai danneggiamenti e alle minacce verbali, per arrivare all’invio di missive o alla pubblicazione di contenuti ingiuriosi o minacciosi sul web attraverso diversi canali (Facebook, Twitter, email, ecc.).

E anche nel 2021, alla data di pubblicazione del report, il 30 giugno scorso, è confermato il dato che le minacce tramite web sono il principale atto di intimidazione (55 episodi).

Seguono le aggressioni fisiche e le minacce verbali, rispettivamente con 19 e 18 episodi ciascuno seguiti da 9 missive minatorie, 6 casi di danneggiamento e 3 di scritte minacciose e ingiuriose.

I mezzi del web maggiormente utilizzati risultano essere il social network Facebook (23), seguito dalle mail o altri contenuti online (13), seguono Instagram (10), Twitter (4) e Whatsapp (4).

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La “tendenza” degli ultimi anni, probabilmente la più diffusa e spesso scarsamente considerata nella sua gravità e poco denunciata, è infatti quella delle minacce attraverso i social network.

I leoni da tastiera, che si nascondono dietro a profili fasulli (spesso anche più di una falsa identità virtuale), passano in un attimo dalle critiche alla violenza verbale, alle minacce pubblica senza preoccuparsi troppo delle conseguenze, ma ottenendo di infondere in parte una paura di tipo persecutorio.

Alle minacce e aggressioni, inoltre, si uniscono querele temerarie che tendono a imbavagliare chi racconta fatti talmente veri che nel 99% dei casi le denunce vengono archiviate.

Stampa Romana: “ci costituiremo parte civile per i colleghi”

E’ per questo che Stampa Romana, in prima linea a fianco dei colleghi minacciati, ha trasmesso una nota, per dichiarare che si costituirà parte civile ovunque i colleghi abbiano sporto denuncia e si arrivi a un processo. Con un invito rivolto alle giornaliste e i giornalisti bersagliati da atti intimidatori, a denunciare con tranquillità, potendo contare sul sostegno dell’Associazione per la tutela della professione.

A dichiararlo, sono Lazzaro Pappagallo, segretario dell’Associazione Stampa Romana, Fabrizio de Jorio, delegato per la Segreteria sulla Libertà di informare e Giovanni Del Giaccio, responsabile della macro area Libertà di informare:

“Sono anni che denunciamo le difficoltà a svolgere la professione in questo territorio – dicono – e il quadro che ci restituisce il report conferma le nostre preoccupazioni”.

“L’agibilità della professioneproseguono – per chi vuole praticarla come si deve, senza uno scontato copia e incolla, è a rischio, e dobbiamo mantenere la guardia altissima affinché i giornalisti possano fare liberamente il loro mestiere. A maggior ragione – concludono – quando leggiamo che molti colleghi, spesso collaboratori di piccole testate e privi di qualsiasi copertura, preferiscono non denunciare”.

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