Roberto Riccardi (UdC): “Ostia, occasione persa per il Campidoglio”

Ostia è l'emblema del fallimento della politica di Virginia Raggi. Il danno d'immagine dovuto alla narrazione strumentale del clima mafioso e l'obbrobrio della ciclabile  

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Lo sdegno per le condizioni in cui versa Ostia, una città nella città dimenticata e oltraggiata dal Campidoglio. A scrivere queste considerazioni è Roberto Riccardi, segretario romano dell’UdC, prestigioso giornalista d’esperienza, già responsabile di alcuni dei più importanti uffici stampa e relazioni istituzionali di aziende multinazionali italiane.

Ostia è l’emblema del fallimento della politica di Virginia Raggi. Il danno d’immagine dovuto alla narrazione strumentale del clima mafioso e l’obbrobrio della ciclabile

Ostia dista dal Campidoglio 29,2 chilometri, una distanza breve che però sembra dilatarsi all’infinito quando si tratta di valorizzare la vocazione di meta marina di un quartiere che avrebbe tutte le potenzialità per divenire Comune, più precisamente il 14.mo d’Italia per abitanti ed il 54.mo per dimensione territoriale.

Gli esempi sono talmente tanti che risulta perfino difficile contarli, ma ce ne è uno che rappresenta il peccato originale e la dice lunga poiché ha svelato, in modo inequivocabile, la vera percezione di Ostia nelle stanze comunali.

Quando fu presentato l’ormai mitologico e fantozziano Tiberis situato sotto Ponte Marconi, ovvero l’unica battigia estiva al mondo senza acqua, la Raggi definì questa summa del globo terraqueo la “Spiaggia di Roma», facendo accapponare la pelle ad una intera città. Si trattò di un pensiero “dal sen fuggito”, in un momento in cui ancora non considerava Ostia come una ridotta sicura dove riparare nei momenti difficili.

Da allora è passato tanto tempo e puntualmente l’anacoluto balneare viene riproposto ottenendo il solito flop, ma intanto Ostia è divenuta il laboratorio, o forse meglio il parco giochi, dell’amministrazione a 5 Stelle.

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Roberto Riccardi

Tirando le somme dei cinque anni di consigliatura appena trascorsi non c’è proprio da spellarsi le mani con gli applausi. Tante scelte sbagliate, una infinità di post autocelebrativi ed una sfilza di vanesie comparsate della Sindaca, a fronte di un declino complessivo che appare inarrestabile.

E dire che i Grillini si sono posti, seppur in modo decisamente naïf, il problema di come rilanciare Ostia. Non trovando soluzioni alla portata delle loro capacità progettuali, l’unica idea che gli è venuta in mente è stata quella di cambiarne il nome.

Hanno lanciato un sondaggio sul web, al quale hanno partecipato solo 581 dei 230mila abitanti, che ha sancito la cancellazione di un nome legato indissolubilmente alla Roma imperiale e la nascita del “Lido di Roma”. 

Tra le proposte c’era anche “Roma Marittima”. Se fosse stata scelta, vista l’aria che tira in Campidoglio, a qualche grillino di sicuro sarebbe balenata l’idea di cambiare conseguentemente il nome anche al quartiere di Monteverde, trasformandolo in “Roma Montana”.

Comunque, dopo cotanto sforzo di creatività il classico uomo della strada, come anche la casalinga di Voghera, si sarebbero aspettati una girandola di progetti con relativi investimenti. Un cambiamento tale da fare sembrare al confronto Ibiza una casa di riposo per anziani, Rimini un sanatorio svizzero e Gallipoli una bocciofila per ottuagenari. Purtroppo non è andata esattamente così. Il risultato ha affossato persino le speranze.

Saltando a piè pari l’obbrobrio indifendibile della ciclabile, perché significherebbe rigirare il coltello nella carne dei cittadini e degli operatori economici, dovunque si rivolga lo sguardo c’è da chiudere gli occhi per evitare che si sbarrino da soli.

Il muretto del lungomare sta ancora lì, sono stati invece abbattuti pini quasi secolari a Ostia e Ostia Antica, il verde urbano è afflitto da una pervicace schizofrenia. Sui marciapiedi c’è l’erba alta in stile steppa della Kamchatka, mentre le piante posizionate a più riprese sul lungomare sembrano bruciate con il napalm.

Qualsiasi città al mondo poggia la propria economia sulla produzione industriale e sul commercio, per Ostia la loro sintesi dovrebbe essere il turismo balneare ma, vedendo gli avvenimenti in modo distaccato, sembrerebbe che qualcuno si diverta a fare dei dispetti.

Dopo aver falcidiato i parcheggi sul lungomare e creato code interminabili persino nelle zone limitrofe, scoraggiando così l’arrivo da fuori Ostia di ogni bagnante che non sia un masochista, lo spiritello dispettoso si è dedicato a togliere la certezza del posto di lavoro agli operatori in concessione ed ai loro collaboratori.

Nessuna amministrazione nell’intero Stivale ha applicato la direttiva Bolkestein, perché una legge dello Stato ha stabilito la proroga delle concessioni fino al 2033, ma l’amministrazione Raggi ha ugualmente dato vita ad un provvedimento illogico. E che dire dei lavori sulla ciclabile in corso rigorosamente d’estate quando gli stessi progettisti avevano raccomandato di occuparsene rigorosamente nel periodo di chiusura degli stabilimenti balneari? 

In cambio però non si contano più le ripetitive inaugurazioni dello stesso skate park, considerato probabilmente l’unico contributo possibile all’economia da parte di Comune e Municipio.

C’è poi lo scottante capitolo di Ostia e la sua malavita. La Suburra balneare, stando ad alcune descrizioni fatte da politici e stampa, sembrerebbe essere un luogo talmente malfamato da far concorrenza ai vicoli bui della peggiore e più degradata Scampia. Un posto da cui fuggire a gambe levate.

Eppure Antonio del Greco, ex alto dirigente della Polizia di Stato che ad Ostia appare vivere sereno, ha recentemente dichiarato a Rai Radio1 che la situazione è sopravvalutata. Mentre alla presentazione del film “Ostia criminale – La mafia di Roma”, era andato giù molto più duro: «Sinceramente ho trovato imbarazzante trasmettere le interviste fatte alle sole forze dell’ordine e a personaggi che hanno tutto l’interesse a parlare di mafia. Io che ho vissuto con queste storie combattendole realmente, e non giocandoci come questi signori, credo di poter dire che nel quartiere c’è criminalità come in ogni altro quartiere di Roma e che nessun negoziante onesto è stato mai taglieggiato da chicchessia».

Insomma, tanti politici pur di ergersi paladini della legalità sembrerebbero aver “inzuppato il pane” nel comparto criminale di Ostia, senza poi aver mai fatto qualcosa di serio e costruttivo. Merita di essere ricordato che lo Stato ha chiuso prima l’efficientissimo  Tribunale poi il ben organizzato ufficio del Giudice di Pace senza che gli amministratori locali di qualsiasi partito, M5S incluso, muovessero un dito. Iniziative pratiche per ristabilire il primato della sicurezza sono possibili. Solo a titolo di esempio: creare o raddoppiare nei luoghi caldi le tenenze della Polizia Locale o stabilire dei posti fissi con pattuglie in modalità h24. 

Sono interventi talmente ovvi che chiunque si ritrovi a ricoprire un incarico politico, anche per un cinico scherzo del destino (fatto ai cittadini), se li potrebbe far consigliare da uno studente somaro del primo anno di una Accademia delle Forze dell’Ordine scelta a caso.

Lo Stato è lento, ma per fortuna fa “poche chiacchiere” ed è intervenuto e continuerà ad intervenire. Rimane il danno d’immagine per la città e per i suoi abitanti, immenso e difficilmente recuperabile. Tutto il resto è un mega ingorgo.

Roberto Riccardi

Segretario UdC Roma

Ostia, polemiche sulla ciclabile tra sprechi e pericolo