Tra le massime espressioni dell’arte romana, la Colonna Traiana è considerata uno dei monumenti più importanti e sorprendenti dell’antichità. Inaugurata nel maggio del 113, la Colonna fu innalzata nel Foro Traiano a Roma per rievocare i momenti salienti della conquista della Dacia da parte dell’imperatore nativo di Italica, esaltato dai posteri come “Optimus princeps”.
La Colonna Traiana rappresenta un’innovazione artistica e architettonica senza precedenti; è infatti il primo esempio di colonna coclide
Si tratta di un monumento onorario che è invenzione tutta romana: una singola colonna, la cui cella alla base ha funzione di sepolcro, decorata da un fregio spiraliforme che si avvolge, dal basso verso l’alto, lungo tutto il fusto della struttura. Una spirale che compie ben 23 giri per una lunghezza complessiva di circa 200 metri.
Il tutto per narrare con rigore e dovizia di particolari, le vittoriose campagne militari di Traiano in Dacia, condotte dall’imperatore in persona dal 101 al 106. L’avversario di turno era il “ribelle” Decebalo, venuto meno al patto di clientela con Roma: un abile capo militare secondo Cassio Dione, “astuto e pericoloso” che capitolò definitivamente nei pressi di Sarmizegetusa, travolto dalle legioni imperiali.
Decebalo preferì il suicidio alla prigionia ma ciò non impedì ai Romani di far sfilare la sua testa al trionfo di Traiano nell’Urbe. La Dacia entrò così tra i possedimenti imperiali, popolata da una folta comunità di coloni romani.
Le imprese di Traiano in Dacia sono raccontate dalla Colonna Traiana con un’alternanza di scene di battaglia e di vita militare quotidiana. Il passaggio del Danubio da parte dei legionari, la costruzione degli accampamenti, le marce dei soldati e i sacrifici religiosi augurali sono rappresentati con magistrale dovizia di particolari. Non mancano le scene di importanza politica, dai discorsi dell’imperatore alla concessione delle onorificenze militari, alla cattura di prigionieri e alla sottomissione dei capi nemici.
Non possiamo considerare la Colonna Traiana una semplice opera di propaganda imperiale. È un libro di Storia illustrato e storicamente affidabile, contemplando episodi specifici e non rappresentazioni idealizzate. Logico che i protagonisti assoluti siano Traiano che compare in una sessantina di scene e l’esercito romano, esempio di efficienza, valore e virtù militare.
La Colonna descrive anche momenti drammatici della guerra come l’incendio appiccato a un villaggio dacico con gli abitanti che fuggono spaventati, le sofferenze dei prigionieri daci e dei feriti romani, la distruzione di Sarmizegetusa e il suicidio di Decebalo e di altri capi ribelli.
Il ritmo serrato delle scene lungo il fregio della Colonna era evidenziato da una meravigliosa policromia per tutte le 2500 figure e da decorazioni bronzee miniate purtroppo andate perdute. Al suo interno, la Colonna contiene una scala a chiocciola che arriva fino alla sommità, affacciandosi sul piccolo terrazzo posto su un capitello dorico. Quaranta metri di altezza, considerando anche il basamento, per una Colonna formata da diciotto grandi tamburi sovrapposti, in marmo di Carrara. In cima, la statua dell’imperatore, andata perduta in epoca Medievale, fu sostituita nel 1587 da Papa Sisto V con l’attuale scultura di San Pietro.
A Ostia Antica il clone 2D della Colonna Traiana
Un consistente riferimento artistico alla Colonna Traiana lo possiamo ammirare in un luogo particolare del litorale. A Ostia Antica, nell’Episcopio della Cattedrale di Sant’Aurea, tra il 1977 e il 1979, tornarono a vedere la luce alcuni affreschi di Baldassarre Peruzzi, liberamente ispirati alle scene scolpite sulla Colonna.
Fu il compianto padre Geremia Sangiorgi, esperto di Arte, a scoprire questi capolavori sotto diversi strati di intonaco, con ammirevole costanza, fermamente convinto che gli affreschi non potessero essere andati perduti. Comparvero gli stemmi del cardinale Riario e di papa Giulio II e poi le celebri quindici scene desunte dall’originale mausoleo di uno dei più grandi imperatori romani di sempre.
Fu Raffaele Riario, cardinale-vescovo di Ostia nel 1511, nipote di papa Giulio II, a farsi promotore di una profonda opera di miglioramento del palazzo episcopale. Aggiunse una nuova ala alla struttura e abbellì gli interni di notevoli particolari decorativi, dalle lesene a stemmi di famiglia ed iscrizioni fino agli affreschi eseguiti dai migliori artisti dell’epoca.
Il cardinale Riario, oltre a ricoprire diversi importanti incarichi nella Santa Romana Chiesa, era un amante dell’Arte, un vero e proprio mecenate che incentivò le attività di numerosi artisti tra cui lo stesso Michelangelo. Fu proprio Riario a chiamare a Ostia Antica il bolognese Jacopo Ripanda e il toscano Baldassarre Peruzzi. Si presume che lo splendido “ciclo ostiense” sia stato disegnato dal primo e tradotto in affresco dal secondo. La mano del Peruzzi è confermata dall’artista e storiografo Giorgio Vasari che nella sua “Vita di Baldassarre Peruzzi” (1568), racconta di “storie bellissime” dipinte nel maschio della rocca, evidentemente confondendo il maschio proprio con l’Episcopio.
I lavori di ristrutturazione dell’Episcopio si prostrassero per tutto il 1512 e probabilmente furono ultimati prima della morte di Giulio II, occorsa nel febbraio del 1513. La vasta sala principale dell’Episcopio, artisticamente meravigliosa, subì negli anni seguenti la copertura a calce viva di tutti i suoi affreschi (1615). Si presume che la struttura sia servita come lazzaretto nel contesto di una grande pestilenza. La perseveranza di padre Sangiorgi ha donato nuova vita a queste straordinarie opere d’arte. Analizzando gli affreschi monocromi che riprendono scene tratte dalla Colonna Traiana, possiamo dedurre che avessero un chiaro significato politico.
Giulio II fu un pontefice molto attivo ed energico nei rapporti con sovrani e imperatori. In pochi anni dal 1508 al 1512, i francesi di Luigi XII passarono dall’essere alleati fedeli del papa, a suoi nemici giurati. Giulio II istituì la Lega Santa per espellere i francesi dall’Italia e limitarne gli interessi sul territorio. La sanguinosa battaglia di Ravenna (11 aprile 1512), combattuta tra i franco-ferraresi e l’alleanza tra spagnoli, veneziani e Stato Pontificio, terminò con una vittoria francese a costo di grandissime perdite. L’esercito di Luigi XII, di ritorno verso Milano, fu costretto a riparare oltre le Alpi dato il sopraggiungere di un’armata imperiale dalla Svizzera. Giulio II aveva di fatto ottenuto il suo scopo.
Come Traiano aveva sconfitto i “barbari” di Dacia, così Giulio II aveva allontanato dall’Italia i “barbari” di Francia. Ecco il significato intrinseco dell’opera di Baldassarre Peruzzi che per la sua realizzazione si avvalse di altri nomi importanti nel panorama artistico dell’epoca, da Cesare da Sesto a Domenico Beccafumi che affrescò l’episodio dei funerali di Traiano, l’unica scena non ricavata dalla Colonna Traiana.
Negli splendidi affreschi del vasto Salone Riario dell’Episcopato ritroviamo i soldati romani all’assalto o intenti nella costruzione delle fortificazioni, le legioni in marcia, ancora duri combattimenti, la resa dei vinti e infine i suddetti funerali dell’imperatore. Si racconta che per meglio vedere da vicino e poi riprodurre le scene, Baldassare Peruzzi si sia fatto calare con una cesta dalla sommità della Colonna Traiana. La glorificazione delle gesta di Traiano ritorna nelle imprese di Giulio II, un papa dagli aspetti contradditori, uno spirito audace e spesso spregiudicato che si affermò come la principale figura politica dell’epoca.
Bibliografia, sitografia e licenze:
- Articolo “L’Episcopio e il Salone Riario” sul sito www.santaurea.org.
- “La Colonna Traiana: un mausoleo per l’imperatore” di Stefano Bandera (conoscerelastoria.it).
- “L’Episcopio e gli affreschi di Baldassarre Peruzzi nel Borgo di Ostia Antica” dal sito www.visitostia.tv.
- “La grande Storia. La Roma Imperiale”, National Geographic.
- Per le fotografie: licenza di libero utilizzo dal sito Pixabay.com o pubblico dominio dove non diversamente specificato.
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