Dalle origini di Caere al Sarcofago degli Sposi

Il Sarcofago degli Sposi è tra le massime espressioni dell'arte etrusca e dell'antico splendore di Caere. Rinvenuto nella Necropoli della Banditaccia di Cerveteri, è custodito dal Museo nazionale etrusco di Villa Giulia.

Caere (“Cisra” in etrusco) era un’antichissima e importante città etrusca che sorgeva sul luogo dell’attuale Cerveteri. In realtà l’abitato moderno occupa una parte piuttosto esigua di quello che fu il centro etrusco all’apice del suo splendore, reso celebre nel mondo dal Sarcofago degli Sposi.

Tra i fossi del Manganello e della Mola, su una superficie di circa 150 ettari, prosperò una “metropoli” che contava oltre centomila abitanti

Caere fu una potenza culturale e marittima con un ruolo preminente all’interno della Dodecapoli etrusca, l’allenza economico-militare che riuniva le dodici “poleis” più importanti d’Etruria. Caere, contando sugli importanti porti commerciali di Punicum (Santa Marinella), Pyrgi (Santa Severa) e Alsium (Palo), nulla aveva da invidiare a centri alleati quali Tarquinia, Populonia o Volterra.

La sua notevole dimensione demografica è testimoniata dall’immensità delle Necropoli che la circondavano, attualmente identificate nelle zone del Sorbo, di Monte Abatone, della Cava di Pozzalana e della Banditaccia. Caere ha una Storia che affonda le proprie radici nel XIV secolo a.C. quando fu fondata col nome di Agylla dai Pelasgi, (termine con il quale i Greci di età classica indicavano il complesso delle popolazioni preelleniche della Grecia), provenienti dalla Macedonia o dalla Tessaglia.

Lo storico greco Dionigi di Alicarnasso (60-7 a.C.) racconta di come i Pelasgi, alleatosi con gli Aborigeni, (dal latino “ab origine”), tra i primi abitanti del Lazio, scacciarono i Siculi dal territorio, conquistando appunto il nucleo originario della futura Caere, all’epoca poco più di un villaggio.

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Scorcio della Necropoli della Banditaccia di Cerveteri con le Tombe a “dado”. Licenza Creative Commons da Wikimedia.

In seguito gli Etruschi si imposero sulla popolazione locale di Agylla, instaurando un proprio re, un tale Mezenzio, famoso perché figura nell’Eneide virgiliana, quale alleato di Turno contro i troiani guidati da Enea. La leggenda e il mito si fondono con la Storia delineando un quadro incerto riguardo le origini di Cerveteri.

Permangono opinioni divergenti in assenza di inoppugnabili elementi storici. È indubbio che la città ebbe un ruolo centrale anche nelle vicende legate alla vicina Roma, come testimoniato dalla tradizione, seguendo gli scritti di Tito Livio e Strabone. Caere accolse Tarquinio il Superbo in fuga dall’Urbe nel 510 a.C. in seguito alla ribellione promossa da Lucio Giunio Bruto e Lucio Tarquinio Collatino, futuri fondatori della Repubblica.

A Caere si rifugiarono le Vestali, le vergini custodi del sacro fuoco, quando nel 390 a.C. il capo senone Brenno mise a ferro e fuoco Roma, dopo averne sbaragliato l’esercito all’Allia. Entrata poi nell’ottica romana, la città etrusca perse gradualmente importanza e ricchezza, risultando dal I secolo d.C. in poi come uno dei tanti centri minori del Lazio.

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Il Sarcofago degli Sposi del Louvre, a Parigi. Pubblico Dominio.

Caere visse il suo momento di massimo splendore tra il VII e il VI secolo a.C. quando l’Etruria tutta espresse le manifestazioni più alte della sua grandezza, soprattutto in campo artistico.

Il Sarcofago degli Sposi

La Necropoli della Banditaccia ci ha restituito nel 1881 uno dei massimi capolavori dell’arte funeraria etrusca: il Sarcofago degli Sposi, datato tra il 530 e il 520 a.C.

La tomba in cui era collocato era stata depredata e dell’opera ne rimanevano circa 400 frammenti. Furono acquistati dal fondatore del Museo nazionale etrusco di Villa Giulia di Roma, Felice Barnabei, che provvide al restauro.

Il sarcofago (cm 199x70x141), in terracotta, è costituito da una cassa a forma di letto da convito (“kline”) e da un coperchio con la rappresentazione di una coppia di sposi semidistesa a banchetto secondo la moda orientale.

L’uomo cinge con dolcezza la propria metà. Entrambe le figure tenevano nelle mani oggetti da mensa, non conservati. Il sarcofago è in realtà un’urna cineraria destinata a raccogliere i resti dei due defunti.

La rappresentazione della scena conviviale riprendeva un tema piuttosto comune nei monumenti funerari del periodo. Testimoniava da un lato uno dei momenti più importanti della vita aristocratica etrusca, il banchetto appunto, dall’altro esaltava il rango e la ricchezza della famiglia che era stata in grado di commissionare un’opera di tal fatta.

La scultura fu modellata in un unico momento, poi tagliata in due metà per evitare danni durante la cottura. Era ravvivata da colori dei quali restano minime tracce.

L’artista concentrò il suo massimo sforzo nella realizzazione delle teste degli sposi, nella resa degli ovali del viso e delle capigliature. Nell’opera sono chiare le influenze dell’arte greca soprattutto nella resa dei volti dei defunti che richiamano la statuaria arcaica. La corrente artistica è quella ionica, dominante nell’Etruria del VI secolo a.C., importata nella penisola italica da artigiani provenienti dalle colonie elleniche in Asia Minore.

Possiamo infatti ammirare il cosiddetto “sorriso arcaico” che era appunto una caratteristica tecnica della scultura greca antica. Seppur tale “espressione” non era realizzata dall’artista per rappresentare dei sentimenti ma per donare dimensionalità ai volti, è indubbio che, riferita ai nostri coniugi, dona all’incantato visitatore un senso di serenità e di compostezza.

Il prezioso sarcofago apre una finestra sulla Civiltà Etrusca nella quale la donna godeva di rispetto e considerazione. La coppia sembra dunque continuare nell’Oltretomba il momento di gioia e di unione rappresentato dal banchetto, nell’abbraccio eterno di un uomo e di una donna vissuti oltre 2000 anni fa.

L’opera è conservata nel Museo nazionale etrusco di Villa Giulia a Roma. Un sarcofago simile si trova al Louvre di Parigi in Francia. Nel 2016 il Sarcofago degli Sposi è “ritornato” a Cerveteri seppur nella forma di una perfetta copia dall’originale a firma dell’artista Giorgetto Giugiaro. L’opera, esposta in un’area della Banditaccia, dona ancora più lustro a un parco archeologico, riconosciuto Patrimonio dell’umanità dall’Unesco nel 2004.

La foto del Sarcofago degli Sposi di Villa Giulia è pubblicata in base a Licenza Creative Commons da Wikimedia.

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