Ci lascia Giuseppe Ciotoli, re del gelato e patron di Cineland

Maledetto covid-19. Si è portato via Peppino. Giuseppe Ciotoli, il sorriso di piazza Anco Marzio, un pioniere di Ostia, un imprenditore appassionato, visionario e audace come solo i forti sanno esserlo, è morto.

Aveva 83 anni Peppino. Il covid-19 lo ha stroncato, ha annientato il suo fisico già provato dal diabete a da problemi di cuore. Se ne è andato lottando fino all’ultimo, in un letto dell’ICC di Casal Palocco dove non ha avuto altro che pensieri per le sue attività, per i suoi familiari, per i suoi dipendenti. Fino all’ultimo. Fino a quando non è scivolato in un coma irreversibile.

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E’ difficile raccontare di Peppino. Non è bastato il capitolo dedicatogli da “Ostia ieri e oggi”, il libro che riassume le imprese di 19 famiglie di pionieri di Ostia. Era il figlio di Sisto da Ceccano, il re del gelato, arrivato al Lido nel 1948 quando Peppino aveva 11 anni e già aiutava il padre dall’età di 5 nel caffè latteria Pignotti di via Principe Amedeo. Una vita di grandi sacrifici quella di Sisto e della sua famiglia. Sposato con Vittoria Pizzichelli, la coppia aveva tre figli: la primogenita Liliana, poi Peppino e infine Mario. Al loro arrivo, raccontava Giuseppe con umiltà e orgoglio, si sistemarono in cinque in una stanza di un interrato alternandosi con i fornai del panificio Morelli; al panificio si lavorava di notte e quindi i letti erano liberi per far dormire i Ciotoli.

Da subito tutti si sono concentrati nell’impresa di famiglia aperta a piazza Anco Marzio. Dapprima in società con Emidio Morelli, poi da solo, ha fatto il grande salto con l’apertura del bar Sisto in una nuova sede nel 1953: è ancora la stessa di allora.

L’uovo al tegamino (crema, panna, amarena e pesca sciroppata), gli spaghetti di gelato, l’inimitabile coppa amarena e zabaione: con queste prelibatezze il bar Sisto ha affascinato il palato di intere generazioni di romani che, una volta, venivano a Ostia oltre che per il mare anche per le sue delizie. E con tanti anonimi romani anche personaggi del mondo dello spettacolo come Renato Salvatori, Luigi Zampa, Claudio Villa, Tiberio Mitri, Ferruccio Amendola, Pier Paolo Pasolini, Mario Monicelli e, più recentemente, Renato Zero.

Fianco a fianco con il padre, Peppino ha imparato ogni segreto delle ricette di gelateria e non è un caso che abbiano ancora il sapore di una volta. Ma si è fatto anche le ossa come costruttore e, soprattutto, come cultore del cinema, diventando esercente prima del Cinema Sisto (costruito appositamente in via dei Romagnoli dove c’eraa prima un biscottificio), poi come proprietario del Cinema Superga e, infine, come patron di Cineland realizzato insieme con il compianto Pino Merluzzi, scomparso ad agosto di un anno fa.

Cineland è senza dubbio la più importante realizzazione di Peppino, un esempio di riconversione di uno spazio produttivo di pregio architettonico che era abbandonato ad un destino buio. Da visionario qual era, Federico Fellini nel 1990 nel girare alcune scene de “La voce della luna” aveva preconizzato per quell’ex officina meccanica un futuro da divertimentificio. Ciotoli e Merluzzi avevano trasformato quel sogno in realtà: grazie al progetto di Maria Guarrera e Bruno Spinozzi, l’ex Meccanica Romana (al costo di 26 miliardi di lire) il 15 settembre 1999 apriva i battenti come Cineland. Dotato di 14 sale per un totale di 2860 posti, grazie all’abilità di Peppino e al favore che godeva presso i distributori, il multiplex di Ostia è arrivato a strappare anche due milioni di biglietti l’anno.

Cineland era senza meno la realizzazione della quale Peppino andava più fiero, a tal punto che di tanto in tanto e immancabilmente prima di Natale, aveva il piacere di invitare qualche centinaio di amici ad assistere a un’anteprima, magari con la presenza del cast di quel film. Aveva provato a estendere la sua creatività anche a Frosinone con il multiplex Sisto ricavato in un’ex fornace ma le cose non sono andate come previsto.

E’ andato invece benissimo, anche se lo sforzo è stato titanico, il drive in che ha animato le serate dell’estate scorsa. Peppino l’aveva voluto tenacemente, nonostante la spesa impegnativa, perché, sosteneva, “dobbiamo offrire ai romani un’occasione per coltivare la loro passione per il cinema”. E non a caso aveva dedicato la struttura a Paolo Ferrari, suo grande amico, primo direttore nel 1957 del drive-in di Casal Palocco e indimenticato numero uno della Warner Bros Italia.

E poi Peppino era anche quello che negli anni Ottanta propugnava il rilancio turistico di Ostia con un Consorzio, il Cosveto, di cui era fondatore e presidente. Oppure era il presidentissimo dell’Ostiamare, amico di Dino Viola della Roma, artefice di una serie di stagioni fortunate che culminarono nella promozione in C2 nel 1989.

Dalla morte dell’amatissima moglie Rita e dell’amico, oltre che socio, Pino Merluzzi, Peppino non era più lo stesso. Per carità, sfoderava sempre il suo sorriso cordiale e non mancava di manifestare il suo affetto alle persone più vicine, ma un velo di malinconia gli intristiva lo sguardo. Aveva un legame indissolubile per l’adorata moglie e puntualmente, anche alla sua età non più giovanile, almeno una volta al mese saliva in macchina e raggiungeva la tomba di famiglia dove Rita è sepolta nei pressi di Macerata.

Con Peppino se ne va un combattente, un idealista, una persona generosa che aiutava gli altri senza vantarsene o facendosene mai merito. Mancherai a tanti, Peppino, come mancherai ai tuoi figli Edoardo e Fiamma, ai tuoi nipoti, ai tuoi fratelli Liliana e Mario. Mancherai, soprattutto, a una visione di città produttiva, solidale, ancorata ai buoni sentimenti e unita dallo spirito di appartenenza. Ciao, amico mio.

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