Ambiente, catastrofe in Siberia: ventimila tonnellate di gasolio riversate nei fiumi

Siberia

Disastro ambientale in Siberia: a causa dello scioglimento del permafrost una cisterna di gasolio di una società di estrazione mineraria si è incrinata, e ventimila tonnellate di diesel si sono riversate nei due fiumi dell’area di Norilsk. Il combustibile ha colorato di rosso le acque, e si sta riversando nel Mar Glaciale Artico. Sono centinaia di migliaia gli uccelli e gli animali della zona condannati a morte certa.

Siberia, ventimila tonnellate di gasolio riversate nei fiumi

Una catastrofe di proporzioni gigantesche, visibile addirittura dallo spazio: i satelliti della European Space Agency (Esa) hanno scattato le foto dell’area colpita dal disastro, avvenuto lo scorso 29 maggio. E si vedono chiaramente i due grandi fiumi della zona di Norilsk, città mineraria nel profondo della tundra siberiana, colorati di rosso sangue, nonostante la fotografia sia stata scattata a distanza di migliaia di chilometri.

Nel fiume Ambarnaya si sono riversate oltre 20mila tonnellate di diesel, che in poco tempo sono arrivate a contaminare un secondo affluente, creando un disastro di proporzioni immani. Tutti i pesci della zona non hanno avuto scampo, ma soprattutto a morire saranno anche centinaia di migliaia di uccelli e animali che si abbeverano nei due corsi d’acqua.

I due fiumi coinvolti, impregnati di carburante, sono diventati altamente infiammabili. A quanto si apprende un’auto che transitava nella zona contaminata ha preso addirittura fuoco dopo essere entrata in contatto con l’atmosfera umida e satura del gas infiammabile rilasciato dal gasolio. Il diesel, avverte l’organizzazione internazionale Greenpeace, si depositerà sul fondale, e inquinerà un’area significativa della regione siberiana durante le alluvioni.

Si tratta della più grande calamità ambientale dal 1989, quando una petroliera della Exxon Mobil, la Exxon Valdez, finì sugli scogli dell’Alaska e riversò in mare 50 milioni di litri di petrolio, considerato finora uno dei più grandi disastri ecologici della storia.

La società mineraria responsabile ha cercato per giorni di coprire l’accaduto ritardando gli interventi

Il colosso Norilsk Nickel, la società che estrae il nichel dalla regione siberiana del Taimyr, nel nord della Russia, è stato accusato dal presidente russo Vladimir Putin di essere direttamente responsabile del disastro e di non aver avvertito le autorità per giorni, contribuendo all’allargamento della contaminazione dell’area.

A causare la rottura della cisterna di gasolio è stato lo scongelamento del permafrost. Lo scioglimento dello strato di ghiaccio perenne presente sul suolo è un problema tipico della zona della tundra siberiana, provocato dal cambiamento climatico globale. Ma l’incidente, sottolinea Greenpeace, “avrebbe potuto essere evitato se tutte le norme di sicurezza industriale fossero state osservate nell’utilizzo di tali impianti pericolosi”.

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Secondo i calcoli di Greenpeace, il danno ambientale ai corpi idrici nel solo Taimyr supera i 6 miliardi. Vladimir Putin ha proclamato lo stato d’emergenza e ha accusato in diretta televisiva i dirigenti del colosso di estrazioni minerarie Norilsk Nickel di essere responsabili della catastrofe.

Il Cremlino ha annunciato che sarà avviata un’indagine per capire le cause dell’incidente. Secondo il presidente russo i vertici dell’azienda non hanno avvertito le autorità statali in modo tempestivo: “Perché il governo deve saperlo giorni dopo? Dobbiamo venire a conoscenza di situazioni d’emergenza dai social media?”, si è chiesto polemicamente Putin, rivolto ai vertici del colosso minerario.

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