Il cantante neomelodico Niko Pandetta si pente di avere dedicato una canzone allo zio boss e davanti ai magistrati dice che non lo rifarebbe. Pandetta è finito sotto inchiesta a Catania per concorso esterno in associazione mafiosa.
L’artista è stato interrogato a gennaio dalla Dda di Catania e ha ammesso di avere “sbagliato” a fare l’occhiolino alla mafia. Afferma che è stata una “operazione di marketing al fine di costruire un personaggio che potesse colpire il pubblico, per farmi pubblicità”.
Nell’interrogatorio il neomelodico si è lamentato del fatto che, a causa delle polemiche, non ha potuto esibirsi su tutto il territorio nazionale. L’ultimo stop, a settembre, per un evento a Ostia (leggi qui). Oltre alle esternazioni in tv (fra cui l’ammissione di aver finanziato il suo primo cd con i soldi di una rapina), a Pandetta vengono contestati altri episodi.
Sotto accusa, in particolare, il brano inneggiante al boss Salvatore Cappello, una hit dai versi inequivocabili (‘Zio Turi, io ti ringrazio ancora per tutto quello che fai per me, sei stato tu la scuola di vita che mi ha insegnato a vivere con onore, per colpa di questi pentiti sei chiuso là dentro al 41 bis’), sui quali il nipote trapper adesso aggiusta il tiro. “All’epoca ero un’altra persona, ero giovane e volevo fare successo, ma non avrei mai creduto – si giustifica – che avrei avuto tutta questa influenza sul pubblico specialmente giovanile”
Niko Pandetta: “Sono cambiato e ho più followers di prima”
Il fascicolo parte dalla bufera per le parole di Pandetta e di un altro neomelodico, Leonardo Zappalà, nel corso di un programma Rai, ma i magistrati sono al lavoro anche su eventuali rapporti con ambienti mafiosi, oltre che sui legami fra Pandetta e lo zio al 41-bis dal 1993 – si legge nell’articolo- L’interrogatorio di Pandetta, assistito dall’avvocato Maria Chiaramonte, parte proprio dal contenuto della puntata di Realiti”.
“Rispetto al mese di giugno 2019 io sono cambiato, sono cresciuto e oggi – precisa Pandetta – ho molti più follower di prima”. E aggiunge: “Mi rendo conto che ho assunto atteggiamenti biasimevoli in quella occasione, ma il mio scopo era quello di costruire un personaggio che potesse colpire il pubblico per farmi pubblicità Era una chiara operazione di marketing, anche se mi rendo conto oggi di avere sbagliato”.
E si dissocia anche dal collega Leonardo Zappalà che aveva infangato Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, dicendo che “sanno le conseguenze quando fanno queste scelte di vita”. Per Pandetta dichiarazioni sgradevoli: “Io non ho condiviso e comunque non mi appartengono. Me le hanno attribuite senza che io ne avessi colpa”.
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