Non c’è momento migliore per una località di mare se non quello a ridosso della stagione balneare per farne un caso nazionale e additarla come covo di criminali. Pure se quella storia appartiene ormai al passato.
Alla vigilia della stagione balneare torna in prima serata la criminalizzazione di Ostia con un documentario che descrive fatti ormai superati
Stasera Ostia verrà sbattuta come un mostro in prima serata. “Ostia criminale – La Mafia a Roma”, infatti, è il titolo di un documentario che verrà trasmesso in prima serata da un network televisivo nazionale. Definito come un documentario d’inchiesta, il film racconta a mio parere con superficialità un decennio di attentati, incendiari ma anche omicidiari, collegati alla guerra per la supremazia malavitosa sul quartiere tra gruppi di banditi.
In larga parte vero, per carità. Ad eccezione di protagonismi politici e del puerile tentativo di addebitare connivenze politiche con partitini di minoranza, e quindi ininfluenti rispetto alle decisioni sul governo della città, per il resto il documentario mostra diversi fatti e circostanze che, in qualche caso, hanno portato alla condanna ex articolo 416 ovvero associazione con finalità mafiose.
La lettura riconducibile ad una principale strategia, quella della gestione della spiaggia come bene primario, mi appare superficiale e per certi versi calunniosa. Indagini accurate di tutti gli organi di polizia hanno dimostrato, infatti, che solo per uno stabilimento balneare, il Village, la proprietà era riconducibile alla gestione di una famiglia criminale, quella dei Fasciani. Ci sono altre attività ben più redditizie che a Ostia, come e forse anche meno del resto della Penisola, sono nelle mani della criminalità: la droga e le slot machine, per esempio.
Certo, quella testata tirata da Roberto Spada a un giornalista e riproposta in mondovisione, è assolutamente ingiustificabile ed è da condannare. Anche il documentario ce la mostra, ovviamente. E la magistratura ha punito in modo esemplare il gesto, riconducendolo ad una modalità operativa mafiosa. Ed è anche vero che Ostia ha subito un commissariamento per “forme di ingerenza della criminalità organizzata che hanno esposto l’amministrazione a pressanti condizionamenti, compromettendo il buon andamento e l’imparzialità dell’attività municipale”. Fatti che risalgono al 2015 (amministrazione centrosinistra), con due anni di commissariamento che, con la chiusura del periodo commissariale, a partire dal 2017 avrebbero prodotto “il risanamento dell’ente locale”.
Siamo nel 2021, alla vigilia della stagione balneare, e quattro anni sono trascorsi dall’avvenuto “risanamento dell’ente locale”. A ottobre prossimo si voterà il rinnovo dell’amministrazione comunale e municipale. E’ lecito chiedersi, di fronte a queste coincidenze temporali, che senso abbia proporre un documentario che non affronta e non descrive le responsabilità politiche e sociali dei partiti che nei quindici-venti anni precedenti hanno governato Ostia e il suo litorale. Perchè limitarsi alla presunta liaison CasaPound-malavita ostiense?
E’ giustificato domandarsi come sia stato possibile, per esempio, che fior di investigatori arrivati alla guida di organizzazioni nazionali (Aisi, Scico ma anche Questura e Prefettura di Roma) nelle loro passate e intense esperienze ostiensi, non abbiano visto la mafia di cui si parla. Domande alle quali il documentario, purtroppo, non sembra dare risposte.
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Il superpoliziotto Antonio Del Greco: “Il docufilm Ostia criminale? Imbarazzante”