Il torello di Veio torna a Roma, e precisamente nella sua casa il Museo Nazionale Romano, dove non faceva rientro da 100 anni. È il felice epilogo di un torello votivo di epoca etrusca uscito dal museo romano per motivi di studio e poi sparito. A rendere possibile il suo atteso rientro il lavoro dei carabinieri per la tutela del patrimonio culturale e una soprintendenza.
La storia del Torello di Veio: il piccolo toro votivo di epoca etrusca torna a Roma dopo quasi un secolo
La prima novità è legata alla sua insolita ricomparsa. Imperversava ancora il Covid quando ai Musei Civici di Monza è stato recapitato un piccolo pacco, accompagnato da un foglio scritto al computer. Il testo, breve, si apriva con le parole “Il ritorno a casa di 47220 dopo 80 anni e più”.
Non ci è voluto molto a capire che 47220 era un numero di inventario, quello scritto a mano su un piccolo toro votivo in terracotta.
Il resto dello scritto raccontava le rocambolesche avventure del piccolo ma prezioso reperto che, sottratto illecitamente, era arrivato nelle mani di qualcuno che, “prima di intraprendere il suo ultimo viaggio”, sognava di vederlo in un museo restituendolo così ai suoi legittimi proprietari: tutti noi.
La sparizione del torello e il suo ritorno
Le indagini condotte dai carabinieri per il patrimonio culturale insieme ai funzionari della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Como, Lecco, Monza-Brianza, Pavia, Sondrio e Varese, hanno ricostruito la vicenda.
Scoperto a Veio e assegnato al Museo Nazionale Romano, negli anni venti del secolo scorso, il torello era stato concesso in prestito alla Società Umanitaria di Milano insieme ad altri reperti da mettere a disposizione degli studenti dell’Istituto Superiore delle Industrie Artistiche (I.S.I.A.) che all’epoca aveva sede nella Villa Reale di Monza.
L’istituto rimase in vita fino al 1943 ma, durante la guerra, del torello si persero le tracce.
Il valore
Dal punto di vista storico artistico, la statuetta è un ex voto zoomorfo in terracotta molto frequente nelle stipi votive etrusco-laziali e campane dalla metà del IV al II secolo a.C.
In genere realizzate in terracotta, queste statuette raffiguranti generalmente bovini e suini sono state interpretate come elemento sostitutivo di un animale sacrificato, ovvero come richiesta di protezione sul bestiame, fonte primaria di sostentamento familiare.
Oggi, dopo 100 anni di assenza da Roma, il “torello 47220” è stato restituito al Museo Nazionale Romano, il museo che ora abbraccia quattro sedi: le Terme di Diocleziano, Palazzo Massimo, Palazzo Altemps, Crypta Balbi.
A breve si scoprirà in quale sede si potrà ammirarlo.