Roma: droga, cellulari e birra al ‘boss’ in carcere. A servirlo un poliziotto

Droga e cellulari ma anche birra e pizza su richiesta di un detenuto: completate le indagini su 41 indagati. C'è pure un medico

Immagine di repertorio di Rebibbia.

Droga e cellulari consegnati in carcere, a Rebibbia. Ma anche pizza e birra. Un coltello, pennette usb, all’occorrenza alcol. Il ‘boss’ ordinava e il poliziotto della penitenziaria lo serviva.

Droga e cellulari ma anche birra e pizza su richiesta di un detenuto: completate le indagini su 41 indagati. C’è pure un medico

La procura di Roma ha chiuso le indagini nei confronti di 41 indagati, nell’ambito di un’inchiesta per droga in cui vengono contestati, a vario titolo e a seconda delle posizioni, reati che vanno dall’associazione per delinquere finalizzata allo spaccio di droga fino alla corruzione. Tra gli indagati un pusher di calibro della piazza romana all’epoca dei fatti detenuto e un assistente capo della polizia penitenziaria che lo serviva.

Secondo le contestazioni del pm della Direzione distrettuale antimafia Carlo Villani alcuni degli indagati – in particolare un pusher molto attivo nella piazza romana – detenuto nel carcere di Rebibbia, in cambio di denaro al poliziotto, si sarebbero fatti recapitare pacchi con droga (“regalo di Maurizio” o “sigarette”) e cellulari utilizzati per comunicare con l’esterno.

In uno degli episodi contestati, a seguito di indagini della Polizia Penitenziaria coordinate dalla procura di Roma, nell’autunno 2020, oltre alla droga il detenuto si sarebbe fatto consegnare in carcere anche pizza e birra. Trenta euro, secondo l’accusa, il costo per ogni “introduzione” dietro alle sbarre.

Pizzini e pennette usb

Oltre alla droga, sempre con le stesse modalità, erano arrivati, su richiesta di singoli detenuti, anche un coltello a serramanico, alcol, una pennetta usb e diversi pizzini.

Nei guai anche un medico

Nell’avviso di conclusione delle indagini a un medico di guardia dell’istituto penitenziario viene contestata l’accusa di omessa denuncia per non aver segnalato all’autorità giudiziaria, alla polizia penitenziaria o al direttore del carcere, l’utilizzo del cellulare da parte di un detenuto.

Il precedente del sacerdote

Non un caso isolato quello di Rebibbia. Nel carcere di Velletri a portare droga il cappellano. Il sacerdote mesi fa è stato colto sul fatto e arrestato.

Una sorpresa anche per gli agenti della Polizia Penitenziaria che lo hanno dovuto ammanettare. Il sacerdote nascondeva un pacco con cocaina, marijuana e due telefonini. Destinati, appunto, a dei detenuti.