La storia di Anna e Laura: “Siamo sul lastrico ma per noi nessun ristoro”

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E’ di ieri la notizia della pubblicazione in Gazzetta ed entrata in vigore del Decreto Ristori con cui il Governo ha stanziato i contributi a fondo perduto per le imprese colpite dall’emergenza Covid (leggi qui). Sono ben 53 le categorie sostenute dai finanziamenti statali, ma tra queste non ci sono quelle di Anna e Laura, due imprenditrici del nostro territorio che non beneficiano di alcun “ristoro”.

Anna e Laura, due facce della stessa medaglia, entrambe senza alcun “ristoro”

Anna e Laura sono due facce della stessa medaglia: entrambe sono sul lastrico con le loro attivitĂ , rispettivamente una scuola di danza e un’azienda di commercio all’ingrosso di souvenir. Da mesi sono costrette a fare sacrifici e finora non avevano mai perso la speranza. Adesso però, letto l’ultimo Dl Ristori in cui tra i codici Ateco non appaiono le loro categorie, sta per svanire anche quella. Due imprese diverse, ma con la stessa necessitĂ … quella di sopravvivere e dar da mangiare alle famiglie e ai collaboratori.

Anna, un carattere da vendere pari solo alla sua passione, è stata costretta a chiudere per la seconda volta la sua scuola di danza di Ostia a causa delle restrizioni per la seconda ondata della pandemia. Come dice Coez in una delle sue canzoni “ho una scuola di danza nello stomaco“. Ed è proprio così per Anna che sta facendo di tutto per salvare il suo lavoro, ma che giorno dopo giorno, dpcm dopo dpcm, è costretta a digerire bocconi sempre piĂą amari.

“Con il lockdown abbiamo dovuto abbassare le saracinesche e come gli altri titolari di partita IVA abbiamo ricevuto i contributi dello Stato. – fa sapere Anna – Personalmente, ho beneficiato in tutto di tre bonus: nei mesi di marzo e aprile i famosi 600 euro e a maggio un contributo per la diminuzione di fatturato. Ma ora, che con il nuovo DPCM ci fanno richiudere, inspiegabilmente, la mia scuola non è stata inserita in alcuna categoria e di conseguenza non avrò diritto ad alcun ristoro. Ho sempre rispettato tutte le regole, ho sempre pagato le tasse. Ho aperto l’attivitĂ  con i miei titoli di diploma accademico, senza scorciatoie. 

Dopo la fase 1, ho riaperto con la metĂ  degli allievi rispetto all’anno precedente, ma ne ero consapevole. Poi però la situazione è peggiorata e il Governo ci ha bloccato nuovamente. Insieme ad altri colleghi del settore, ho inviato una lettera all’Accademia Nazionale di Danza, per chiedere di essere tutelata – prosegue Anna – I nostri politici fanno riferimento solo ed esclusivamente alle associazioni sportive dilettantistiche o alle associazioni culturali, ma per me che sono una “libera insegnante” (codice Ateco 855990), non è previsto alcun ristoro. Anche il ministro dello sport Spadafora che ad inizio pandemia aveva menzionato i centri danza, ora ha fatto sparire questa parola dal suo vocabolario.

In tutto ciò è evidente che c’è qualcosa che non va. Andrebbe stanziato un contributo per la categoria, non per la forma giuridica dell’attivitĂ . In questo modo si eviterebbero equivoci come questi.

“Ci tengo a ringraziare i proprietari del locale della mia scuola di danza che mi hanno permesso di riaprire ad ottobre e mi hanno dimezzato l’affitto, ma probabilmente la loro bontĂ  non basterĂ  a salvare la mia attività”. – conclude Anna.

Lo stesso problema con i codici Ateco è stato riscontrato anche da Laura, titolare di un commercio all’ingrosso di souvenir. Il suo caso non rientra tra quelli previsti nel nuovo decreto legge e quindi non ha diritto, finora, ad alcun “ristoro”. La crisi del turismo nella Capitale però si fa sentire e portare avanti questo tipo di lavoro è pressochè impossibile.

“Se alberghi, villaggi turistici, affittacamere, rimesse camper, ostelli della gioventĂą, – spiega – hanno diritto a un ristoro, perchè attivitĂ  come la mia, che guadagna con il turismo come loro, no? Io rifornisco esclusivamente clientela della zona turistica di Roma che è allo stremo vista la mancanza di turismo. Siamo considerati come l’ultima ruota del carro, forse perchè non siamo andati per strada a bruciare cassonetti o a spaccare vetrine. Evidentemente non abbiamo “spaventato” abbastanza il Governo Conte”. – conclude amareggiata Laura.

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