Migliaia e migliaia di pesci morti, riversi sulle rive del Tevere. Ai ciclisti e ai podisti che frequentano il tratto del fiume da Castel Sant’Angelo a Ponte Marconi è apparso, il 30 maggio scorso, uno spettacolo angosciante, ma soprattutto preoccupante per la salute del corso d’acqua che attraversa la Capitale. I risultati dei primi test mostrano la presenza di pesticidi tossici e illegali, ma in piccole quantità: resta il giallo sulle cause del disastro ambientale.
Moria di pesci, pubblicati i primi risultati dei test: presenti tracce di pesticidi illegali
L’Agenzia regionale protezione ambientale del Lazio è al lavoro. In collaborazione con la Asl, il Dipartimento Ambiente di Roma Capitale ed il reparto di Tutela Fluviale della Polizia Locale sta indagando per individuare i responsabili della morte dei pesci. I tecnici dell’agenzia hanno effettuato i test sui campioni d’acqua raccolti per verificare l’eventuale presenza di sostanze tossiche, frutto di possibili scarichi illegali o di sversamenti illeciti di fabbriche o allevamenti intensivi.
Oggi i primi risultati: riscontrata la presenza di due insetticidi altamente inquinanti e velenosi, la cipermetrina e il clothianidin, tossici per le api. Il secondo è stato dichiarato ufficialmente illegale dal 2018. I pesticidi non risultano essere però in una quantità tale da aver causato, da soli, la moria di pesci.
Resta quindi ancora il mistero sulle reali cause del disastro. I controlli per verificare la presenza lungo il corso del Tevere di eventuali scarichi illegali non hanno dato alcun esito positivo, almeno finora. Cosa ha causato dunque la morte della fauna ittica del Tevere?
Sotto accusa il particolato prodotto dagli scarichi delle auto, finito nel Tevere a causa della pioggia
“Non sono ancora note le cause che hanno determinato la moria dei pesci lungo le sponde del fiume Tevere. Ma la storia ci insegna che dopo un lungo periodo di siccità, alla prima pioggia si verifica la moria di ingenti quantità di pesci nel Tevere”, ci spiega Ilaria Falconi, tecnico ambientale dell’ISMEA, l’ente pubblico dei Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare.
“Un episodio che si ricorda da sempre è quello del 2002, con migliaia di carcasse trasportate dalla corrente verso Fiumicino”, sottolinea l’esperta. E’ difficile che “le specie muoiano per l’avvelenamento determinato da sversamenti illeciti, in quanto il quantitativo di inquinanti dovrebbe essere assai elevato”, commenta.
Piuttosto la moria dei pesci “può essere determinata da due fattori”, riferisce Falconi. Il primo fattore “è il dilavamento stradale: durante i temporali le piogge, specialmente quelle nei primi minuti durante eventi intensi, vengono contaminate da sostanze inquinanti depositate sull’asfalto dai veicoli“.
Ma nel fiume finiscono anche le sostanze diffuse “dai mezzi adoperati per la disinfestazione da insetti, specialmente dell’ordine dei Ditteri, o quelle utilizzate per la sanificazione stradale effettuata durante la pandemia“, aggiunge il tecnico ambientale dell’ISMEA.
Il secondo fattore è invece il “normale rimestamento del fondo del fiume provocato dai temporali che incrementa la concentrazione di zolfo e di anidride carbonica”, conclude Falconi.
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