L’impronta dimenticata, la svolta del caso Garlasco a diciotto anni dal delitto

La nuova inchiesta sull'omicidio di Chiara Poggi a Garlasco entra nel vivo: l'impronta e i tasselli al vaglio degli inquirenti

Chiara Pggi

In una piccola macchia di sangue accanto al corpo di Chiara Poggi, uccisa nell’agosto del 2007 nella villetta di Garlasco, era presente un’impronta digitale. Solo nel 2020 è emerso che quell’impronta, identificata come “contatto papillare n.33”, appartiene ad Andrea Sempio, amico di Marco Poggi, fratello della vittima. Diciotto anni dopo, questo elemento torna al centro dell’indagine, portando con sé interrogativi inquietanti sulle omissioni del passato.

La nuova inchiesta sull’omicidio di Chiara Poggi a Garlasco entra nel vivo: l’impronta e i tasselli al vaglio degli inquirenti

Il 9 luglio 2020, i carabinieri del Nucleo investigativo di Milano redigono una relazione che definisce “logico-fattuale” attribuire l’impronta sulla parete delle scale all’assassino. L’impronta, rilevata con luce UV, era sporca di sangue ed era stata lasciata prima che il corpo venisse trascinato verso il seminterrato.

Andrea Sempio evita l’interrogatorio

È uno degli elementi che i pubblici ministeri avrebbero voluto contestare oggi a Sempio, se si fosse presentato in Procura. L’indagato, invece, appellandosi a un cavillo giudiziario sollevato dalla sua avvocata, ha scelto di evitare l’interrogatorio (nell’atto di presentazione non era stato indicato anche l’accompagnamento coatto).

Insieme al DNA rinvenuto su due unghie della vittima, questa traccia rappresenta il più significativo elemento probatorio che lo collegherebbe alla scena del crimine. Sempio era finito al centro dell’indagine subito dopo l’omicidio anche per delle telefonate fatte in casa Poggi, pur sapendo che il fratello di Chiara era in vacanza coi genitori in montagna.

Marco Poggi, comunque, (ascoltato anche lui oggi in un’altra procura) ha ribadito la sua fiducia nell’innocenza di Sempio. 

La nuova relazione

La nuova relazione nasce da un’istanza di riapertura delle indagini presentata dai legali di Alberto Stasi, ex fidanzato di Chiara, condannato in via definitiva a 16 anni, in buona parte scontati, e oggi di nuovo ascoltato dagli inquirenti. I suoi difensori ora sperano che la nuova inchiesta possa gettare le basi per una revisione della condanna.

L’impronta rivalutata

Il procuratore Mario Venditti incaricò i carabinieri di riesaminare le carte, e fu così che riemerse l’impronta n.33, trascurata fin dall’inizio e giudicata inutilizzabile dal Ris di Parma nel 2007 perché priva di creste sufficienti. All’epoca, fu scartata insieme ad altre 25 impronte, tra cui una di Marco Poggi e una di un carabiniere presente sulla scena.

Ma la nuova indagine, condotta dagli specialisti della Omicidi, ha riaperto proprio quella pista ritenuta chiusa. Durante un prelievo forzato del DNA, Sempio lasciò anche le sue impronte digitali, poi replicate con il metodo tradizionale a inchiostro.

Il risultato è stato decisivo: una perizia ha rilevato ben 15 punti di contatto con l’impronta n.33, ben oltre i 12 necessari per attribuire con certezza l’identità.

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Oggi quell’impronta ignorata, dimenticata e poi rivalutata, si rivela un tassello fondamentale in un caso che sembrava ormai archiviato.