Grave complicanza post parto: paziente salvata al San Camillo con l’intervento del robot “chirurgo”

Il calvario della paziente al "limite dell'inoperabilità" salvata dall'équipe di Urologia del San Camillo: "Il robot ha reso possibile intervenire uno spazio devastato"

Nella foto l'èquipe di Urologia del San Camillo che ha operato la paziente

Un delicato e complesso intervento di altissima precisione, condotto con chirurgia robotica all’Ospedale San Camillo Forlanini di Roma, ha salvato una paziente 30enne da una grave complicanza insorta post parto a seguito di un cesareo.

Il calvario della paziente al “limite dell’inoperabilità” salvata dall’équipe di Urologia del San Camillo: “Il robot ha reso possibile intervenire uno spazio devastato”

Dopo il parto la donna, madre di due figli, che aveva vissuto un periodo difficile caratterizzato da pesanti disfunzioni, è stata presa in carico dall’équipe di Urologia del San Camillo, diretta dal Prof. Paolo Emiliozzi, che aveva deciso di gestire questo caso difficile “al limite dell’inoperabilità”, offrendo una speranza concreta alla paziente con problematiche urologiche complesse.

Grave complicanza post-cesareo e il quadro clinico delicato della donna

Il percorso della paziente era iniziato in un altro presidio ospedaliero romano, dove è stata ricoverata per un cesareo programmato, ma una volta svolto, nel periodo post-operatorio, la donna aveva sviluppato una grave complicanza a livello urologico, manifestatasi con una dolorosa fistola retto-vaginale e un grave danno ureterale.

L’intervento eseguito in anestesia epidurale non aveva avuto successo, lasciando la paziente sedata, dolorante e con la necessità di un drenaggio per le urine che fuoriuscivano dal fianco.

La TAC poi, aveva evidenziato un grave danno degli ureteri, i sottili e delicati canali che connettono i reni alla vescica, e la pelvi della donna risultava compromessa da un’unica cavità in cui confluivano utero, vescica e vagina, lacerati dall’intervento.

La giovane donna si trovava a convivere così con due nefrostomie, incontinenza urinaria completa attorno al catetere e, ancor peggio, senza programmi di cura definitivi.

La speranza si accende al San Camillo e l’intervento con robot “chirurgo”

Dopo mesi di sofferenza e un calvario di consulti medici, la possibilità di una risoluzione chirurgica è infine arrivata grazie all’intervento di specialisti al San Camillo.

L’équipe di Urologia, guidata dal Prof. Paolo Emiliozzi, che ha deciso di procedere con una chirurgia esplorativa robotica, una tecnologia che ha dimostrato la sua grande efficacia nel trattamento di patologie complesse in spazi anatomici ristretti e con la massima precisione.

Durante l’intervento, durato sei ore, l’équipe si è trovata di fronte a un’anatomia completamente stravolta, con infiammazioni diffuse e gravi aderenze che rendevano estremamente delicato l’approccio chirurgico agli organi.

Ricostruzione mininvasiva e ritorno a una vita normale

La prima ricostruzione riuscita dell’utero è stata possibile grazie alla collaborazione intraoperatoria della Prof.ssa Giovanna Salierno, primaria della Ginecologia e Ostetricia, ed ad una sinergia multidisciplinare fondamentale in casi così complessi.

Poi c’è stato l’intervento con robot “chirurgo” che ha permesso un delicato distacco della vescica dalla vagina, i cui tessuti erano fusi tra loro. Il robot ha offerto una visione tridimensionale e ingrandita del campo operatorio, consentendo ai chirurghi di ricostruire e riparare i tessuti gravemente danneggiati con una precisione millimetrica.

E’ stato proprio l’approccio mininvasivo a consentire di ricollegare l’uretere sinistro alla vescica, mentre il destro, non individuabile a causa delle cicatrici, è rimasto drenato esternamente.

A tre mesi dal primo intervento, la paziente è tornata a urinare spontaneamente. Successivamente, è stato pianificato un secondo intervento per recuperare il secondo uretere: il tratto del condotto ancora funzionante mobilizzato e reimpiantato sulla parte superiore della vescica. A sei mesi dal primo intervento, la donna ha potuto rimuovere definitivamente tutti i drenaggi, riacquistando una vita normale, senza più il bisogno di ulteriori interventi o terapie.

L’eccellenza della chirurgia robotica

Si è trattato di un caso limite – ha spiegato il Prof. Emiliozzi – che ha richiesto competenze multidisciplinari e l’uso della chirurgia robotica ai massimi livelli. La possibilità di ridurre i movimenti a 1/6 rispetto a quelli della mano umana ci ha permesso di intervenire in uno spazio anatomicamente devastato, salvando organi vitali. Ma la più grande soddisfazione è stata restituire il sorriso dopo tanti mesi ad una giovane mamma“- ha concluso il direttore dell’équipe di Urologia del San Camillo.