“Caro ministro, nelle carceri si muore, tra un sovraffollamento esagerato, l’abuso di carcerazioni preventive e le cure negate. Non possiamo far finta di niente“. A lanciare l’allarme al ministro della giustizia Carlo Nordio l’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno, oggi detenuto a Rebibbia per scontare una pena definitiva a un anno e dieci mesi per il reato di traffico di influenze. Un documento sottoscritto assieme a Fabio Falbo, laureato in Giurisprudenza, noto come “lo scrivano di Rebibbia”.
Rebibbia, Alemanno scrive a Nordio: “Carceri al collasso, serve un intervento urgente”
La lettera al ministro denuncia in cinque pagine le condizioni drammatiche delle carceri italiane dove, tra l’altro, continuano a registrarsi rivolte e suicidi, tra gli ultimi a Roma proprio a Rebibbia pochi giorni fa.
La missiva giunge in un momento tragico per il sistema penitenziario: solo nelle ultime ore due detenuti sono morti, uno suicida a Terni, l’altro, forse per un malore, a Gorizia. I firmatari parlano chiaro: “Siamo due persone detenute nel Reparto G8 del carcere di Rebibbia. Le scriviamo per portare all’attenzione delle Istituzioni e dell’opinione pubblica una situazione insostenibile e contraria ai principi costituzionali”.
Il sovraffollamento
Il punto di partenza è il sovraffollamento: oltre 62.400 detenuti contro una capienza regolamentare di 51.280 posti. Una condizione che, sottolineano, mina alla radice il principio rieducativo della pena previsto dall’articolo 27 della Costituzione. Alemanno e Falbo chiedono “riforme urgenti” che vadano oltre i moduli prefabbricati o la costruzione di nuovi istituti. “Non si può aspettare”, scrivono, auspicando interventi immediati e strutturali, tra cui l’utilizzo effettivo delle misure alternative alla detenzione.
Assistenza sanitaria inadeguata
Tra i nove punti della lettera, viene denunciata l’inadeguatezza dell’assistenza sanitaria, causa – secondo loro – di troppe morti evitabili. Richiamano anche le parole dell’ex presidente della Consulta Giuliano Amato: “Non si deve morire in carcere perché non ci sono cure adeguate”. Criticano poi l’abuso della carcerazione preventiva e l’inerzia degli uffici di sorveglianza che, malgrado le sentenze europee, rigettano sistematicamente le richieste di sconto pena derivanti dalle condizioni degradanti di detenzione.
Troppi anziani dietro alle sbarre
Particolare attenzione è rivolta agli ultrasettantenni: “Molti, anche ultraottantenni e non recidivi, si vedono negare la detenzione domiciliare nonostante i pronunciamenti della Corte costituzionale”. Un’accusa forte anche contro il Nucleo Traduzioni della polizia penitenziaria, “impossibilitato a garantire i trasferimenti per mancanza di personale”. La denuncia tocca anche il tema della salute mentale, dei suicidi, dell’affettività negata e della scarsità di accesso al lavoro per i detenuti.
La proposta dell’ex sindaco detenuto
Nella parte finale, Alemanno e Falbo rilanciano una proposta concreta: l’approvazione della legge Giachetti-Bernardini per la liberazione anticipata speciale. Il meccanismo aumenterebbe da 45 a 60 i giorni di sconto pena per semestre, fornendo uno sfogo immediato al sovraffollamento e riducendo anche il carico sulle strutture giudiziarie. “Non è permissivismo – precisano – ma conciliazione tra certezza della pena e finalità rieducativa, come vuole la Costituzione”.
Meloni contraria ad amnistia e indulto
Tuttavia, la risposta istituzionale sembra per ora distante. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha ribadito il suo no ad amnistia e indulto: “La capienza va adeguata alle necessità, non i reati al numero di posti disponibili”. Un’affermazione netta che risponde con fermezza alle richieste di misure straordinarie, confermando la linea del governo: nessun “svuotacarceri”.