Tragico suicidio a Rebibbia, detenuto si toglie la vita. Danneggiata l’infermeria

Suicidio a Rebibbia, si toglie la vita un detenuto di 40 anni. Scatta la protesta, danneggiata l'infermeria

Giovane detenuto si suicida, risse e aggressioni: la difficile situazione nelle carceri del Lazio
Un carcere. Foto di archivio

Nuovo caso di suicidio in carcere. Un detenuto italiano di circa 40 anni, affetto da problemi psichici, si è tolto la vita nella serata di ieri, 18 aprile, nel carcere romano di Rebibbia. L’uomo è stato trovato impiccato alla porta aperta della propria cella. La tragica notizia ha scosso la comunità penitenziaria, culminando in proteste da parte degli altri detenuti, che hanno danneggiato la sala infermeria.

Suicidio a Rebibbia, si toglie la vita un detenuto di 40 anni. Scatta la protesta, danneggiata l’infermeria

I detenuti, appresa la notizia del suicidio, col pretesto di salutare il compagno sono entrati in infermeria e hanno tirato sgabelli e bastoni infrangendo vetri delle finestre, mobili e porte. Una piccola rivolta per rilanciare il malcontento vissuti dai detenuti costretti a vivere con pochi mezzi e nel sovraffollamento.

Questo ennesimo suicidio, il ventinovesimo dall’inizio dell’anno, riapre ferocemente il dibattito sulle condizioni di vita all’interno delle carceri italiane e sull’urgente necessità di interventi concreti per la prevenzione. Il segretario generale del S.PP. (sindacato di polizia penitenziaria), Aldo Di Giacomo, ha espresso profonda preoccupazione per il crescente numero di suicidi tra i detenuti con disturbi mentali, evidenziando un preoccupante aumento del 40% negli ultimi due anni.

Il problema della salute mentale in carcere

Di Giacomo sottolinea come queste persone, a causa delle loro fragilità psichiche, non dovrebbero trovarsi in istituti penitenziari, bensì in strutture socio-sanitarie e assistenziali specializzate. La chiusura dei manicomi giudiziari e l’introduzione delle REMS (Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza) non hanno risolto il problema, anzi, lo hanno acuito a causa dell’insufficienza dei posti disponibili nelle REMS e delle lunghe attese per il trasferimento dal carcere.

La carenza di personale specializzato

Il sindacalista denuncia inoltre la mancanza di protocolli di collaborazione efficaci tra sanità e giustizia, fondamentali per garantire un’assistenza adeguata ai detenuti con problemi psichici. Anche la carenza di personale medico, psicologi e psichiatri all’interno delle carceri rappresenta un ostacolo significativo.

Il S.PP. propone con forza l’implementazione di un piano di supporto psicologico che preveda la presenza costante di psicologi, psichiatri e mediatori culturali all’interno delle strutture penitenziarie, inclusi interpreti per superare le barriere linguistiche. Tra le proposte avanzate figurano anche l’apertura di sportelli di aiuto psicologico in ogni carcere e la promozione di attività sociali, lavorative, corsi di formazione e di lingua per i detenuti stranieri.

L’emergenza in carcere

In vista della Santa Pasqua, diverse associazioni di volontariato e cattoliche invocano un “sussulto umanitario”. Il S.PP. ribadisce la necessità di un intervento deciso da parte dell’Amministrazione Penitenziaria e della politica, affinché si affronti seriamente l’emergenza carceraria, superando le mere “lacrime di coccodrillo”. La situazione attuale è critica, con uno Stato incapace di garantire la sicurezza e la vita sia dei detenuti che del personale penitenziario, spesso oggetto di aggressioni.