Il Campidoglio torna ad accendere le ruspe per avviare le demolizioni di due strutture balneari, rispettivamente a Ostia e a Capocotta. Secondo gli uffici comunali, lo stabilimento Aneme e Core è abusivo così come lo è il chiosco dell’Oasi Naturista di Capocotta. I documenti esibiti dai concessionari, però, dicono il contrario.
Per gli uffici comunali le strutture balneari sono abusive invece Aneme e Core è stato autorizzato nel 2003 e l’Oasi Naturista nel 1999. Gli errori passati: i chioschi delle spiagge libere, la Casetta e il Med
L’amministrazione capitolina si prepara a demolire due impianti balneari tra i più apprezzati dagli utenti. Si tratta dello stabilimento Aneme e Core e del chiosco di Capocotta L’oasi Naturista. Entrambi sarebbero abusivi, ovvero privi della legittimazione dell’ente locale.
Il caso Aneme e Core
Il Campidoglio ha messo a bando gli ultimi stabilimenti e chioschi delle spiagge libere attrezzati privi di concessione a Ostia ma tra questi non figura l’Aneme e Core. L’impianto, che si trova all’angolo tra lungomare Paolo Toscanelli e piazza Scipione l’Africano, è stato confiscato in relazione al procedimento per bancarotta fraudolenta collegato al porto turistico perché ritenuto nella disponibilità di Mauro Balini. L’Agenzia nazionale per la gestione dei beni sottratti alla criminalità sta per cessare il suo controllo sullo stabilimento balneare ed è in questa fase che gli uffici comunali hanno comunicato l’intenzione di avviare la demolizione della struttura perché ritenuta senza titolo.
Al contrario, stando ad alcuni documenti, risulterebbe che l’impianto balneare è derivato dalla riconversione del volume edilizio del cantiere nautico “Marini” sorto su quella spiaggia fin dagli anni Sessanta. C’è un documento, che pubblichiamo, per il quale il Comune di Roma, Dipartimento IX, autorizza la trasformazione del cantiere nautico in stabilimento balneare: è la determina dirigenziale 1472/03 a firma dell’architetto Gianfilippo Biazzo.

Com’è possibile che oggi, a distanza di 12 anni, la stessa amministrazione capitolina non riconosca valido un documento rilasciato dai suoi uffici?
Il caso Capocotta
In queste ore gli uffici capitolini all’Ambiente hanno comunicato ai gestori del chiosco di Capocotta L’Oasi Naturista, al servizio della prima spiaggia italiana nella quale si autorizza lecitamente la pratica del nudismo, la volontà di provvedere alla sua demolizione. La struttura non risulterebbe in regola con i permessi rilasciati nel lontano 1999. In realtà, stando a una ricerca che abbiamo effettuato, l’Oasi Naturista con annesso chiosco di servizio è stata autorizzata addirittura dal Consiglio comunale, organo giurisprudenziale che dispone per l’attuazione degli atti agli uffici amministrativi. Lo attesta la delibera consiliare 104 del 22 luglio 1999.

Anche in questo caso, non si capisce come, a distanza di 26 anni da quel provvedimento, oggi si stabilisca la sua non validità. Con la volontà dichiarata di procedere all’abbattimento in tutta fretta, entro la prossima Pasqua.
I precedenti: i chioschi delle spiagge libere, la Casetta, il Med
Ovviamente, se le strutture sono effettivamente abusive, è giusto che siano abbattute. Il punto, però, è che la macchina amministrativa capitolina e municipale ha dimostrato una certa inaffidabilità rispetto alle vicende legate all’arenile di Ostia. E’ il caso dei chioschi presenti sulle diverse spiagge libere urbane di Ostia: quelle di Ponente come il Faber beach, la Spiaggetta, l’Amanusa. Tra la fine dell’amministrazione Marino e l’avvento della Giunta Raggi, si è deciso di demolire tutte le strutture che lo stesso municipio aveva autorizzato a spese, peraltro, della Federbalneari in un accordo che prevedeva da parte dei privati, individuati dall’amministrazione con regolari bandi di gara ad evidenza pubblica, la pulizia delle spiagge e l’assistenza dei bagnanti in mare. Dopo la demolizione di quelle strutture, i costi per la gestione delle spiagge libere da parte dell’amministrazione locale superano la spesa di due milioni di euro per stagione.
Altro caso che ha suscitato clamore e indignazione è quello riguardante lo stabilimento balneare La Casetta. Nel 2016 l’amministrazione decide di non rinnovare la concessione al gestore storico di quello che è stato per decenni il fiore all’occhiello della balneazione elegante. L’accusa è quella di aver riscontrato abusi edilizi. Così lo stabilimento viene abbandonato a sè stesso, distrutto dai vandali e occupato dai senza fissa dimora. Tre anni dopo (2 ottobre 2019) il Tribunale di Roma (giudice Roberta Di Gioia) stabilisce che l’accusa di abusivismo è infondata, i titoli edilizi sono regolari. Nel frattempo, però, l’impianto è stato reso inutilizzabile.

Medesima sorte per il MedNet, il chiosco-ristorante realizzato sulla sponda sinistra della foce del Canale dei Pescatori. Per il Comune di Roma era abusivo, la sindaca Virginia Raggi assistette personalmente alle operazioni di demolizione l’11 dicembre 2018. E, anche in questo caso, a settembre 2019 il tribunale di Roma (giudice Alessandra Cuppone) ha smentito l’amministrazione locale: non doveva essere demolito. Anzi, in difetto era proprio il Campidoglio perché avrebbe dovuto rilasciare il titolo edilizio ordinato dalla Conferenza dei servizi e non lo aveva fatto. Una sentenza tanto chiara che né pm né il Campidoglio sono ricorsi in appello.
