Roma non poteva essere commissariata per Mafia Capitale: l’effetto devastante in termini di immagine e di richiamo turistico, valeva il 2% del Pil nazionale. E così si “sacrificò” Ostia, forzando anche gli aspetti giuridici: un Municipio, in quanto entità non autonoma amministrativamente, non poteva essere commissariato.
L’ex prefetto di Roma, Franco Gabrielli, confessa la scelta che salvò Roma dal commissariamento per mafia facendo pagare lo scotto al Municipio di Ostia
Sono le “confessioni” arrivate da Franco Gabrielli che, all’epoca di Mafia Capitale e dello scioglimento del Municipio di Ostia, era il prefetto di Roma. Ovvero era colui che scrisse materialmente il provvedimento di commissariamento portato alla firma del Presidente della Repubblica. Gabrielli, divenuto poi Capo della Polizia e ora docente presso la scuola di management SDA Bocconi, ha partecipato lunedì 10 marzo alla presentazione del libro “Storie bastarde” di Davide Desario al Piccolo Teatro Grassi di Milano.
A registrare l’evento anche Alessandro Fulloni, giornalista esperto di criminalità romana, che ne ha pubblicato il resoconto in un articolo del Corriere della Sera.

Le rivelazioni di Gabrielli
Il 27 agosto 2015 il presidente della Repubblica firmò il decreto per “la gestione straordinaria del Municipio X di Roma Capitale”. Il Parlamentino locale si era già dissolto per le dimissioni del presidente Andrea Tassone, che verrà arrestato e condannato a quattro anni di carcere, avvenute cinque mesi prima, il 18 marzo. Per diciotto mesi, diventati poi 24, le cariche dell’amministrazione ordinaria vennero affidate a una commissione presieduta dal prefetto Domenico Vulpiani.
In quello stesso periodo infuriava a Roma lo scandalo di Mafia Capitale che coinvolgeva diversi amministratori del Campidoglio guidato da Ignazio Marino. “Disposi la commissione di accesso, cioè la verifica se il Comune di Roma poteva essere sciolto per mafia – ha raccontato Gabrielli alla platea milanese – Potete immaginare che cosa avrebbe significato per l’Italia avere la Capitale sciolta per mafia. Che fare? Proporre lo scioglimento o meno? Non proposi lo scioglimento”.

Non sciogliere e non commissariare la Capitale per mafia è stata, secondo quanto dichiarato dall’ex prefetto, una scelta condizionata anche dall’immagine che ne sarebbe derivata a livello internazionale, con inevitabili ripercussioni economiche. “Avevamo fatto una proiezione: commissariare per mafia Roma avrebbe portato a un danno intorno al due per cento del pil nazionale e quindi ci abbiamo pensato” ha specificato Gabrielli.
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Sciogliere il municipio: una supercazzola
Così, al posto del Comune di Roma, “sciogliemmo il Municipio di Ostia peraltro con una forzatura di non poco conto, perché i municipi non hanno una personalità giuridica”. Lo stesso Gabrielli ha ammesso che, sul piano giurisprudenziale, il provvedimento valutato era “passatemi un po’ il termine, certamente poco giuridico, metagiuridico: è stata una mezza supercazzola”. Ovviamente, l’ultima parola spettava al Governo e, infatti, la relazione di Gabrielli venne affiancata da quella dell’allora ministro dell’Interno, Angelino Alfano.
Resta il fatto, ha aggiunto l’ex prefetto di Roma, che un certo fumus che giustificasse il provvedimento, a Ostia era comunque presente: nella cittadina “erano insediati da tempo i clan” e “c’erano tutte le caratteristiche del condizionamento da organizzazione di stampo mafioso”.
Contro il provvedimento e, in particolare contro la proroga del commissariamento oltre il limite fissato per legge, per altri sei mesi oltre i diciotto previsti dall’ordinamento, il 21 gennaio 2017 scesero in strada un migliaio di cittadini all’insegna dello slogan “Basta commissariamento”.