Metti che un giorno decidi di vendere casa e solo allora scopri che quella da tre anni è gravata da un’ipoteca senza che nessuno mai te ne abbia chiesto conto. E metti che, scoperto il vincolo, ti accorgi che la richiesta è più del doppio del dovuto ma che all’Agenzia delle Entrate nessuno sa dirti quanto devi pagare esattamente per sciogliere l’ipoteca. E’ quello che è successo a madre e figlio che dopo cinque anni si vedono riconosciuti i diritti ottenendo la condanna dell’Agenzia delle Entrate.
L’Agenzia delle Entrate ipoteca un appartamento all’insaputa dei proprietari vincolando una somma pari al doppio del consentito. Condannata dal Tribunale
E’ il bilancio dell’azione intrapresa dall’avvocato Maurizio Neri per conto di una coppia, madre e figlio, intenzionata a vendere la propria abitazione di via dei Romagnoli, a Ostia. Il 29 dicembre scorso la sentenza tombale sulla vicenda emessa dalla Quinta Sezione Civile del Tribunale di Roma, giudice Antonella Zanchetta. L’Agenzia delle Entrate è condannata a pagare le spese legali affrontate dalla coppia che, nel frattempo, sempre grazie ai giudici, era riuscita a dimostrare il comportamento scorretto dell’ente riscossore e a ottenere il ridimensionamento dell’ipoteca trascritta sulla loro casa.
L’Agenzia delle Entrate gioca sporco
Questi sono i fatti così come ricostruiti dal Tribunale di Roma. Nel 2019 madre e figlio decidono di vendere l’appartamento di loro proprietà che si trova in via dei Romagnoli. La casa ha un valore commerciale di circa 300mila euro. Vanno a effettuare le visure e scoprono che Equitalia (oggi Agenzia delle Entrate) su quell’immobile ha iscritto a novembre di tre anni prima due ipoteche, una di 132mila euro e subito dopo un’altra di 60.500 euro per un totale di 192.500 euro. L’ipoteca si riferisce a un debito con il fisco del figlio che, però, è proprietario dell’immobile solo per un sesto. Ciò significa che “per errore” Equitalia ha iscritto un’ipoteca sull’immobile due volte e mezza superiore al limite di legge.
Ma c’è un altro “errore” commesso dall’ente riscossore: nessuno mai ha notificato l’avviso di ipoteca ai contribuenti che, pertanto, non hanno potuto non solo presentare il ricorso nei termini previsti ma neanche sono stati avveduti del vincolo esistente sulla loro casa. Fatti, questi, tutti accertati nella sentenza emessa dal Tribunale di Roma.
A quel punto la coppia si attiva per conoscere l’esatta determinazione dell’ipoteca ma all’Agenzia delle Entrate scatta un altro “ostracismo”: dopo ripetuti solleciti, nessuno indica la somma esatta dell’ipoteca da applicare e, quindi, da saldare. Ed è anche per questa ragione che madre e figlio si affidano all’avvocato Maurizio Neri per denunciare la vicenda e ottenere giustizia.
Solo dopo l’incardinarsi del giudizio, l’Agenzia delle Entrate stabilisce la somma dell’ipoteca da saldare: la somma è di 62.389 euro, meno della metà della pretesa fatta nel 2016.
Una casa svalutata
A questo punto sopravviene un’altra conseguenza della scorrettezza adottata dall’Agenzia delle Entrate. Per effetto della legge “l’immobile può essere venduto con il consenso dell’agente della riscossione (Agenzia delle Entrate n.d.r.), il quale interviene nell’atto di cessione e al quale è interamente versato il corrispettivo della vendita. L’eccedenza del corrispettivo rispetto al debito è rimborsata al debitore entro i dieci giorni lavorativi successivi all’incasso… con modello sottoscritto dal contribuente ipotecato”. Che significa? Significa che l’acquirente della casa all’atto del pagamento deve effettuare un unico assegno intestato all’Agenzia delle Entrate che tratterrà la somma dovuta per l’ipoteca e, entro dieci giorni, riverserà il resto al proprietario venditore.
“Questa modalità di vendita – osserva l’avvocato Neri – ha determinato la ricerca di acquirenti che avessero la disponibilità ‘in contanti’, senza dover accedere ad un mutuo bancario, avendo gli istituti mutuanti interpellati manifestato dissenso a questo iter di vendita e quindi, di fatto, non concedendo mutui. Ciò ha conseguentemente ed ulteriormente ribassato il prezzo finale di vendita del bene immobile, con ulteriore gravissimo danno per la parte venditrice non ipotecata”.
Per tutti questi motivi l’Agenzia delle Entrate è stata condannata a pagare le spese di lite e le spese giudiziarie.