A quattro anni dalla tragica scomparsa di Gianmarco Pozzi, il 28enne romano trovato senza vita sull’isola di Ponza, il caso sembra destinato a chiudersi con un mistero. Ma nonostante la richiesta di archiviazione da parte della Procura di Cassino dello scorso novembre, il giallo che avvolge la morte del giovane ex campione di kick boxing, continua a tormentare i familiari, per i numerosi interrogativi e fatti, che secondo il criminologo che studia il caso, evidenziano la possibilità di un reato più grave di una caduta “accidentale”.
Perplessità sulla richiesta di archiviazione: dal criminologo che segue il caso Pozzi, l’invito a seguire la pista della criminalità organizzata
Il corpo di Gianmarco Pozzi fu ritrovato il 9 agosto 2020, martoriato in un’intercapedine tra due edifici, con segni di violenza e fratture multiple. Le prime indagini avevano ipotizzato una caduta accidentale, ma ben presto emerse un quadro più complesso, con elementi che suggerivano la possibilità di un’aggressione e di morte antecedente al preciitare del corpo.
Nel 2023 nuove prove avevano fatto sperare in una svolta per la ricerca della verità
Alla fine del 2023, nuove prove avevano fatto sperare in una svolta sul caso, e cioè delle tracce di DNA, che erano state rinvenute su una carriola ritrovata nell’area del rinvenimento del cadavere, e che potevano collegare di fatto altre persone alla scena del crimine.
Tutto questo mentre nello stesso periodo, si concludevano le indagini su un traffico di sostanze stupefacenti che si ipotizzava fosse connesso al caso, e che aveva portato alla luce ulteriori nuovi elementi, tra cui la falsa accusa di omicidio rivolta a due militari da parte di un residente di Ponza, poi denunciato per calunnia.
Con tanti fili sparsi, di una trama a quel punto ancora più fitta, ad un anno dalle nuove acquisizioni, invece degli auspicati approfondimenti, per la famiglia di Gimmy è arrivata solo una doccia fredda: per la procura di Cassino la morte del 28enne è un caso da archiviare, con un epilogo che sarà ufficializzato nel caso, a febbraio di quest’anno.
Le perplessità del criminologo
Il criminologo Michel Emi Maritato, in contatto con la famiglia Pozzi, ha espresso in queste ore forti perplessità sulla richiesta di archiviazione del caso.
Secondo Maritato, la morte di Gianmarco potrebbe essere legata a dinamiche di criminalità organizzata e non alla conclusione tragica di una lite, che il giovane potrebbe aver auto, collegata al suo lavoro da buttafuori sull’Isola.
Le anomalie che rendono inaccettabile la chiusura del caso
Il criminologo ha sottolineato alcune anomalie che rendono difficile se non impossibile accettare l’ipotesi della morte accidentale:
Tra queste il contenuto degli slip, dove le forze dell’ordine rinvennero una busta contenente 4 filtri di sigaretta e uno scontrino di una farmacia di una specifica sostanza. Un fatto mai chiarito.
Poi le tracce di violenza sul corpo del giovane e le fratture multiple che avevano fatto supporre un’aggressione violenta, ed anche premeditata.
“A quattro anni dalla scomparsa del campione di kickboxing, che fece molto clamore mediatico, la Procura di Cassino ha richiesto l’archiviazione del caso ma la famiglia non intende arrendersi. E non a torto – ha dichiarato Maritato -. Dopo un’attenta analisi delle circostanze e degli elementi emersi, infatti, chi può escludere che si possa essere trattato di un omicidio, in particolare legato a dinamiche di malavita? E’ una domanda che richiede risposte concrete. Indizi e testimonianze potrebbero puntare verso un quadro inquietante di violenza premeditata e organizzata” .
A giudizio dell’esperto, insisterebbero anomalie difficili da spiegare nell’ottica di un incidente o di un suicidio: “Singolare soprattutto il rinvenimento negli slip di Gianmarco di una busta contenente filtri di sigaretta e lo scontrino di una farmacia. Assurdo pensare che un ragazzo che si suicida si premuri di mettere nelle mutande una busta con tale contenuto. Dietro quei mozziconi – sottolinea il criminologo, – potrebbe nascondersi un messaggio, un significato rientrante nelle dinamiche o nei linguaggi in codice della malavita organizzata”.
L’invito dell’esperto e dei familiari agli inquirenti dunque, è quello di non chiudere il caso prematuramente e considerare piste alternative: “La famiglia di Gianmarco merita giustizia. La ricerca della verità non può non prescindere ancora una volta da un approfondimento di indagine, che prenda in considerazione il possibile coinvolgimento di terze persone. Non possiamo permettere che il silenzio prevalga. Gianmarco non deve essere dimenticato” – conclude il criminologo, ribadendo la propria vicinanza alla famiglia Pozzi, che da anni lotta per far emergere una verità che appare sempre più complessa e dolorosa.