Nel novembre del 2011, in via Tuscolana a Roma, Enis Kraja, 30 anni, e la sua amica Iana Dogot, 29 anni, morirono a seguito del terribile impatto dello scooter su cui stavano viaggiando, contro un cartellone pubblicitario abusivo, posizionato in violazione del Codice della Strada, su uno stretto spartitraffico. Al termine del primo grado di giudizio il Giudice si è pronunciato ieri mercoledì 18 dicembre, con una sentenza di condanna.
Due vite spezzate per un cartellone pubblicitario abusivo che era stato multato e mai rimosso: la condanna per omicidio colposo
Dopo oltre tredici anni di indagini e processi, è arrivata la prima sentenza: Salvatore Accetta, amministratore delegato della societĂ proprietaria del cartellone, è stato condannato a due anni e sei mesi per omicidio colposo. Il giudice ha riconosciuto la responsabilitĂ dell’uomo nell’incidente, sottolineando come la posizione abusiva del cartellone abbia rappresentato un fattore determinante per la tragedia.
Il cartellone killer
Nonostante una multa comminata dalla polizia municipale nove mesi prima dell’incidente, quel cartellone era rimasto al suo posto, rappresentando una pericolosa trappola per gli automobilisti. L’impatto violento contro la struttura metallica non ha lasciato scampo a Enis Kraja, deceduto sul colpo, mentre la 29enne Iana Dogot, morì poco dopo in ospedale.
Le responsabilitĂ
Le indagini per risalire alle responsabilitĂ , portarono in primis all’assoluzione di chi, pur essendo a conoscenza dell’abuso, non potĂ© provvedere all’epoca alla rimozione del cartellone, e cioè il dirigente comunale responsabile dell’ufficio Affissioni e PubblicitĂ , che non aveva all’epoca le risorse economiche per far fronte alle numerose segnalazioni di pubblicitĂ abusive presenti sulle strade romane.
Assolto anche l’amministratore delegato della Pes la societĂ proprietario dell’impianto pubblicitario, giĂ fuori dalla societĂ al momento della multa e della successiva tragedia.
La lunga battaglia della giustizia e il rischio di archiviazione
La lunga battaglia per la giustizia, come riporta il Corriere della Sera, aveva rischiato nel 2014 l’archiviazione di tutta l’indagine sulla morte dei giovani, con la tesi del PM che aveva imputato il terribile impatto al tasso alcolico del 30enne alla guida del due ruote.
Fu il Giudice per le indagini preliminari invece a respingerla, e a proseguire il procedimento che dopo tre anni, aggiunse alle indagini la perizia di un ingegnere chiamato a stabilire le cause dell’impatto mortale.
Da quel momento ci sono voluti altri sette anni per l’espressione della sentenza di primo grado per omicidio colposo, nei confronti di Salvatore Accetta, condannato a due anni e sei mesi.