Incontro ravvicinato con uno squalo di circa due metri e una pinna che spuntava dall’acqua per almeno quaranta centimetri. Non è accaduto nell’Oceano atlantico ma poco fuori del Canale dei Pescatori a Ostia Lido.
Una pinna di quasi mezzo metro ha segnato l’incontro di Alberto, pescatore per hobby, con uno squalo di notevoli dimensioni
“Non ho avuto paura è stata un’esperienza molto emozionante, mi era già capitato in Messico e alle Maldive ma mai in mare aperto e con esemplari che vivono in cattività assoluta”, racconta Alberto Sugaroni, videomaker di professione e pescatore per diletto.
Era circa mezzogiorno quando Alberto, con la sua barca in vetroresina spinta da un motore marino da quaranta cavalli ha gettato l’ancora a quattro miglia di distanza dalla costa, dove il fondale raggiunge quasi i quaranta metri di profondità.
“Stavo pescando sgombri con due canne leggere alla ‘bolognese’ lunghe due metri e mezzo e lenze attrezzate con sarde come esca per il ‘light dritfing’ un tipo di cattura che non chiede nemmeno i piombi. L’amo scende per gravità dove si getta la pastura per attrarre gli sgombri che fanno branco fermandosi sotto la barca”.
A un certo punto, improvvisamente, le due canne si sono flesse e sono state quasi strappate via dagli scalmi con un movimento molto violento a scendere sulla verticale rispetto al punto in cui erano posizionate. Non poteva certo essere uno sgombro che può raggiungere una lunghezza media di trenta, quaranta centimetri.
Poco dopo, sotto la trasparenza blu delle acque ecco profilarsi la sagoma tipica del pesce forse più temuto dei mari.
“Si trattava di uno squalo come mai mi era capitato di incrociare in precedenza anche se in Messico si fa il bagno in compagnia di questi animali che sono molto docili. Nessuno spavento, tanta sorpresa. Allora -prosegue Alberto- ho cercato con grande prudenza di fraternizzare con lui. Battevo il palmo della mano sulla superficie e, appena si avvicinava, gli allungavo le sarde da esca”.
“Con movimenti rapidissimi le inghiottiva e poi tornava vicino all’imbarcazione. Il motore era in posizione rialzata e la sagoma che vedeva stagliarsi al di sopra non deve averlo spaventato in alcun modo. Penso che si trattasse di una verdesca, completamente innocua per l’uomo sebbene avesse una forma più affusolata di quella più tozza che caratterizza quel tipo di esemplari e una livrea grigia chiara e sotto bianchissima, con riflessi violacei e quasi rossicci. Un’emozione davvero grande da raccontare, proprio per l’atteggiamento molto calmo e tenero che il pesce ha avuto durante il nostro breve incontro”.
Un’avventura straordinaria anche se con un bottino di pesca poco lusinghiero
Un incontro davvero casuale, perché Alberto Sugaroni che vive a Ostia da tempo, si dedica al suo hobby prediletto scegliendo anche altre zone più distanti dal canale dei pescatori dove c’è il rimessaggio della sua barca. Si tratta delle secche di Tor Paterno a sud del Lido di Roma e delle piattaforme petrolifere situate al largo di Fiumicino dove attraccano le bettoline per il trasporto degli idrocarburi. In quel punto la foce del Tevere favorisce, infatti, il proliferare della fauna marina.
“Oggi non volevo allontanarmi troppo così ho scelto di uscire davanti al Lido di Levante. Non avevo canne da altura con filo da 0,60 millimetri e che reggono un certo peso, quelli che ho gettato in mare misuravano 0,25 con un carico massimo da cinque chili. Quando lo squalo, che ne avrà pesati una settantina ha abboccato, i fili hanno ceduto all’istante ed è tutto dire perché -conclude Alberto- appena arrivato sul posto avevo catturato un piccolo squalo mako lungo una cinquantina di centimetri che si è liberato da solo della lenza. Veniva su come una piuma e l’avrei ovviamente liberato”.
Tante emozioni ma con un magro bottino. Sulla barca di Alberto, ancora emozionato per l’esperienza vissuta, ci sono solo due sgombri. Ma ne valeva la pena, la sua straordinaria battuta di pesca non ha di certo un valore venale.