Disciplinate, laboriose e fedeli sino all’ultimo alla propria regina. Ma anche spietate e determinate nei confronti di chiunque metta in pericolo l’incolumità di colonie formate da migliaia di api.
Come affrontare i rischi di uno sciame di api che si posiziona a terra per difendere la propria regina
L’ultimo intervento dell’etologo naturalista Andrea Lunerti ha permesso di mettere in salvo uno sciame di circa 10mila individui che si era posizionato proprio di fronte all’ingresso di una casa di accoglienza gestita dai Padri rogazionisti di Morlupo.
Se non fosse stato per le particolari caratteristiche del salvataggio parleremmo di ordinaria amministrazione per uno degli specialisti più conosciuti a Roma e dintorni, ma famoso anche all’estero per aver lavorato sul set di moltissime produzioni cinematografiche, incluse alcune realizzate dalla Disney.
Ciò che è andato in scena nel giardino della residenza dei religiosi è, infatti, stato uno spettacolo che non capita di vedere tutti i giorni. “E’ stata un’occasione speciale non solo per rimuovere lo sciame, ma per spiegare lo straordinario comportamento di questi insetti durante la sciamatura, quando la regina vecchia, che in genere vive fino a cinque anni, lascia l’alveare per far posto alla nuova e tutte le sue soldatesse la seguono verso una nuova destinazione”, spiega l’esperto.
In questa circostanza la regina, stremata e molto probabilmente giunta alla fine del proprio ciclo di vita oltre che incapace di trovare un’altra sistemazione provvisoria su un ramo o anche all’interno di un’intercapedine in attesa di un nuovo nido, si era accasciata a terra attirando le circa 10mila api facenti parte della colonia. Individui che gli si sono stretti accanto continuando a emettere il forte odore di feromone utilizzato come segnale “radio guida” durante le fasi di trasferimento.
Mentre alcuni insetti cercavano di scaldare il corpo dell’ape regina per tenerla in vita, gli altri facevano da scudo consapevoli dei pericoli in corso, ma determinati a non abbandonare, per nulla al mondo, il loro atteggiamento di incondizionata solidarietà con la sovrana.
La posizione dello sciame esponeva, infatti, tutti gli esemplari al potenziale arrivo di predatori. Che non sono solo orsi alla ricerca del favo perduto, ma anche più semplici mustelidi, come i tassi che sono ghiotti delle api, o le faine, addirittura immuni alle loro punture.
L’operazione di recupero
A quel punto è entrato in azione Andrea Lunerti con il suo porta sciami e la sua lunghissima esperienza in un settore dove, purtroppo, c’è anche tanta improvvisazione e, talvolta assoluta mancanza di cautela, come quando si decide di disperdere gli insetti accendendo un fuoco, oppure tentando di soffocarli con il fumo.
Un pericolo corso concretamente anche dai passanti di una delle strade di Ostia Lido consacrate allo shopping, dove la presenza di uno sciame aveva destato allarme nelle scorse settimane soprattutto tra i residenti di zona (leggi qui).
“All’interno del porta sciami ho inserito cere con essenze tipiche dell’odore che fanno sentire le api di nuovo a casa e hanno permesso di sbloccare la situazione. Una a una, continuando a disperdere il feromone nell’aria tutte le api sono entrate ordinatamente nel loro rifugio provvisorio. Una volta conclusa la fase della raccolta le ho trasferite presso una struttura vicina a un bosco di una cinquantina di ettari, dove ho anche una cinquantina di arnie che uso per mettere le api in quarantena, in attesa di consegnarle a chi me ne faccia richiesta”.
“Questo, a patto che chi si propone in qualità di esperto sia in possesso della certificazione rilasciata dall’Unità sanitaria nazionale, sezione veterinaria e le detenga nel rispetto delle norme di legge per esempio in luoghi situati a distanza da scuole e abitazioni. Questi animali, se mal gestiti e mal compresi, possono, infatti, diventare molto pericolosi. E’ importante, comunque, farsi seguire da persone che abbiano maturato esperienza in un campo dove non c’è spazio per l’approssimazione”.
Quando il veleno inoculato dal pungiglione diventa fatale
Una pericolosità pagata a caro prezzo anche da chi è stato soccorso da Andrea Lunerti dopo essere andato in coma per le punture subite.
In un’occasione l’etologo è, infatti, dovuto intervenire con urgenza per placare l’ira di uno sciame e consentire ai soccorritori del 118 di avvicinarsi a un giardiniere che giaceva riverso sul suolo senza conoscenza per le punture subite a causa di un attacco scatenato da un sasso sparato dal decespugliatore in direzione di un nido nascosto all’interno di un contatore della luce
“Le api sono insetti docilissimi e tendenzialmente pacifici, ma tra gli imenotteri aculeati sono le più pericolose in assoluto -spiega Lunerti- perché capaci di organizzare assalti di massa quando sono determinate a punire severamente l’intruso o il malcapitato di turno. I calabroni, per esempio, dispongono di quantità di veleno superiori, ma non attaccano mai in modo collettivo”.
“Si tratta, in genere di poche unità che spesso nidificano nel terreno di campi e nelle vigne un tempo coltivate con l’aratro. Disturbato il nido il contadino aveva tempo di darsi alla fuga e a farne le spese era, di solito, l’asino usato come forza di traino perché restava incatenato al rimorchio. Venti trenta punture erano sufficienti a spedirlo al creatore ed è per questo che, nelle campagne, gira ancora il detto ‘calabrone ammazza somaro’. La minaccia insita nelle api è nel numero di insetti che si mobilita per difendersi da un’aggressione”.
“Il pungiglione è seghettato come un arpione e rimane incastrato, per via dell’elasticità, della nostra pelle. L’insetto, nel tentativo di liberarsi, oppure perché scacciato malamente per via del dolore provocato dalla puntura a quel punto muore. All’aculeo resta, infatti, attaccata anche la parte terminale dell’intestino”.
“Non molti sanno tuttavia che, ancora per una cinquantina di secondi, la ghiandola velenifera continua a pompare il liquido sottopelle. Per questa ragione -conclude l’etologo. è fondamentale cercare il pungiglione, di colore rosaceo scuro, ed estrarlo limitando, così, gli effetti dell’aggressione”.
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