Caso Omerovic, tre poliziotti a rischio processo. Uno per tortura

La procura chiede il processo per tre poliziotti: i reati contestati tortura e falso

Hasib Omerovic dopo la caduta

Si procede con l’accusa di tortura e falso per i tre poliziotti coinvolti nella perquisizione arbitraria di Primavalle che due anni fa ha fatto rischiare la vita ad Hasib Omerovic, il 36enne rom sordomuto, che, terrorizzato, è precipitato dal secondo piano per sfuggire a botte e minacce. E’ la ricostruzione della procura di Roma che ora per i tre agenti chiede il processo.

La procura chiede il processo per tre poliziotti: i reati contestati tortura e falso

Il fatto risale al 25 luglio 2022. I poliziotti entrano in casa di una famiglia rom a Primavalle e accusano Hasib, che è solo con la sorella anche lei disabile, di reati mai contestati dalla procura. Su facebook si ventila che avrebbe guardato delle ragazze per strada infastidendole.

E allora una volta all’interno botte, minacce, un coltello puntato e un finale imprevisto: Hasib sale su un davanzale e si lancia dalla finestra rimanendo due mesi in ospedale in fin di vita.

Il pm Riccardo Luciani, titolare dell’indagine, in particolare contesta il reato di tortura all’assistente capo Andrea Pellegrini, all’epoca dei fatti in servizio nel distretto di Primavalle. Un indagato che per il caso Omerovic è stato sospeso dal servizio dopo un periodo agli arresti domiciliari.

“Il trauma psichico e poi il volo”

Secondo l’accusa l’agente (difeso dall’avvocato Remo Pannain) durante l’attività di identificazione in casa di Omerovic “con il compimento di plurime e gravi condotte di violenza e minaccia, cagionava al 36enne un verificabile trauma psichico, in virtù del quale lo stesso precipitava nel vuoto dopo aver scavalcato il davanzale della finestra della stanza da letto nel tentativo di darsi alla fuga per sottrarsi alle condotte violente e minacciose in atto nei suoi confronti“.

All’assistente capo è contestato anche il reato di falso in concorso con altri due colleghi per avere attestato che l’intervento nell’appartamento fosse “dipeso dall’essersi incrociati per strada lungo il tragitto e non, come realmente accaduto, da accordi telefonici previamente intercorsi“.

Un quarto poliziotto, che ha collaborato alle indagini, ha chiesto il patteggiamento.

La ricostruzione

Secondo la procura il poliziotto avrebbe compiuto una serie di azioni configurabili come tortura.

Dopo essere entrato nell’abitazione, immediatamente e senza alcun apparente motivo, colpiva Omerovic con due schiaffi nella zona tra il collo e il viso, contestualmente rivolgendo al suo indirizzo con fare decisamente alterato. “Non ti azzardare mai più a fare quelle cose, a scattare foto a quella ragazzina“.

Successivamente impugnava un coltello da cucina e lo brandiva al suo indirizzo chiedendogli sempre con fare alterato e urlando che utilizzo ne facesse“.

La procura va avanti nel capo di imputazione e sostiene: L’indagato “avendo trovato la porta della stanza da letto di Omerovic chiusa a chiave la sfondava con un calcio sebbene lo stesso Omerovic si fosse prontamente attivato per consegnare le chiavi“.

Ed ancora: “Intimava all’Omerovic di entrare nella stanza e lo costringeva a sedere su una sedia dove gli legava i polsi col filo della corrente di un ventilatore“, per poi schiaffeggiarlo e minacciarlo di nuovo col coltello: “Non lo fare mai più“.