Dal liceo Chateaubriand a Ponte Galeria: il prof Seif (per ora) non sarà espulso

Il giudice non ha convalidato l'ordinanza di trattenimento nel Cpr a carico del prof algerino Seif Bensouibat

Il prof Seif Bensouibat

Dagli ambienti prestigiosi del liceo Chateaubriand alle camere-gabbia del Centro di permanenze per rimpatri di Ponte Galeria. Poi la notizia che potrebbe portare a una svolta: è tornato libero il prof  Seif Bensouibat, l’educatore algerino allontanato dal liceo per delle chat private pro-Hamas e ritrovatosi a stretto giro con un provvedimento di espulsione dal territorio italiano dove era entrato da rifugiato.

Il giudice non ha convalidato l’ordinanza di trattenimento nel Cpr a carico del prof algerino Seif Bensouibat

Ieri mattina, lunedì 20 maggio, i giudici non hanno convalidato l’ordinanza di trattenimento nel Cpr a carico dell’educatore finito nel mirino della Digos per dei messaggi WhatsApp pro-Palestina e pro-Hamas scritti in una char privata.

Sono stati tre giorni in condizioni terribili – ha detto Bensouibat all’uscita da Ponte Galeria – Io per fortuna sono stato qui poco, c’è gente chiusa da mesi”.

Un prof amato

Dopo il commento considerato filo Hamas su una chat privata, a gennaio l’abitazione dell’educatore è stata perquisita dalla Digos, subito dopo è arrivato il licenziamento dalla scuola dove lavorava da 10 anni e infine, giovedì scorso, il trasferimento forzato nel centro di espulsione per migranti.

Sei Bensouibat ora rimane indagato per “propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa” e rischia ancora di essere espulso: il riconoscimento del suo status di rifugiato resta a rischio.

La speranza di chi sostiene la causa di Seif, a partire dai suoi avvocati Arturo Salerni e Flavio Rossi Albertini, è che le autorità italiane ritornino sui loro passi anche rispetto allo status:  “Come se possa essere revocato – ha spiegato nei giorni scorsi l’avvocato Rossi Albertini – perché qualcuno scrive qualcosa, e non perché siano mutate le condizioni (politiche, ndr) del paese di provenienza, con il rischio di rimetterlo in mano ai suoi carnefici. Una reazione decisamente scomposta e incomprensibile”.

Per il prof due appelli

Nel frattempo su Change.org un gruppo di genitori del liceo Chateaubriand ha lanciato una petizione a sostegno di Seif, che fino a pochi mesi fa lavorava con ragazze e ragazzi di via di Villa Patrizi: “Seif è stato un sorvegliante sempre apprezzato da tutti coloro che lo hanno conosciuto – riporta l’appello -. Esprimiamo tutta la nostra solidarietà a Seif in questo incubo che sta vivendo e auspichiamo che la giustizia italiana permetta a Seif di lasciare il Centro Permanente di Rimpatrio il più rapidamente possibile per avere l’opportunità di difendersi durante un giusto processo“.

La petizione ha raccolto quasi 600 firme. Anche studentesse e studenti hanno avviato un’altra raccolta. Per gli alunni l’educatore non avrebbe mai avuto atteggiamenti sconvenienti o politicizzati in classe.

Il caso di Seif in Parlamento

Sulla vicenda di Seif il vicepresidente di Alleanza Verdi e Sinistra alla Camera, Marco Grimaldi, ha presentato una interrogazione al ministro degli Interni Matteo Piantedosi. Per Grimaldi quella dell’educatore algerino è “una vicenda scioccante, non possono accadere simili cose in un paese democratico”.

Conseguenze drammatiche e inaccettabili in uno Stato democratico per un educatore ‘colpevole’ di aver scritto un post Pro-Palestina. Seif Bensouibat, professore algerino che per dieci anni ha lavorato come educatore nella prestigiosa scuola francese Chateaubriand di Roma é stato licenziato e ha perso il suo status di rifugiato dopo aver commentato con rabbia, sui social e in alcune chat private, il genocidio in atto a Gaza.

Dopo una perquisizione durante la quale non è stata riscontrata nessuna irregolarità, é stato considerato una persona ‘pericolosa’. Nonostante sia incensurato e non abbia mai avuto problemi con la giustizia nella sua vita”, la denuncia di Grimaldi.

A febbraio un 22enne della Guinea ‘recluso’ a Ponte Galeria si è suicidato impiccandosi in una cella: ha lasciato uno scritto in cui chiedeva di essere sepolto in Africa. Dopo qualche ora la rivolta degli altri reclusi portò a 14 arresti.