Il saluto fascista non sempre è reato. Parola della Cassazione

Il saluto fascista non sempre è reato: ecco secondo i giudici della Cassazione quando si configura

Un momento della commemorazione di Acca Larentia

Non sempre il saluto fascista configura un reato. La Cassazione ha depositato le motivazioni della sentenza con la quale a gennaio i sommi giudici, a sezioni unite, hanno accolto il ricorso di otto militanti fascisti contro l’applicazione della legge Scelba nei loro confronti e costata una condanna in appello a due mesi di carcere.

Il saluto fascista non sempre è reato: ecco secondo i giudici della Cassazione quando si configura

La legge sul saluto fascista – motivano la decisione i giudici di Cassazione – necessita, per l’applicazione, di una contestualizzazione.

Gli elementi necessari

La condotta tenuta nel corso di una pubblica riunione — scrivono — consistente nella risposta alla “chiamata del presente” e nel cosiddetto “saluto romano” integra il delitto previsto dall’articolo 5 della legge 20 giugno 1952 (legge Scelba, ndr) ove avuto riguardo alle circostanze del caso sia idonea ad attingere il concreto pericolo di riorganizzazione del disciolto partito fascista”. In poche parole occorre almeno il sospetto della riorganizzazione del partito di Mussolini.

L’altro elemento: dovranno essere esibite una chiara propaganda di idee “fondate sulla superiorità o sull’odio raziale ed etnico e sulla violenza” osservano i giudici. In assenza di questi elementi si è in presenza solo di “manifestazioni esteriori del disciolto partito fascista”.

Nel caso degli otto ricorrenti – protagonisti di un presidio con tanto di saluto fascista nel milanese – per i giudici si sarebbe trattato solo di una riunione “volta a celebrare il ricordo, tra gli altri, di un esponente della Repubblica sociale italiana”.

I militanti ricordavano nel giorno dell’anniversario la morte di Sergio Ramelli ucciso a colpi di chiavi inglese da un servizio d’ordine di autonomi della facoltà di medicina oltre che Enrico Pedenovi (uccisi nel 1975 e il 1976) ma anche il repubblichino Carlo Borsani.

I giudici avevano accolto il ricorso degli avvocati degli imputati contro la sentenza di condanna in secondo grado a un paio di mese di carcere.

La Cassazione aveva stabilito che doveva essere celebrato un secondo processo di appello ma a fine febbraio la vicenda si è prescritta.

La difesa

Per l‘avvocato Domenico Di Tullio, che ha assistito due dei ricorrenti “le sezioni unite confermano la necessità del concreto pericolo per l’ordine costituzionale ai fini della configurabilità dei reati sia ai sensi della Mancino che della Scelba.

Se la rilevanza penale non si può escludere a priori nelle cerimonie commemorative,richiede, certo modalità e caratteristiche ben diverse da quelle usuali, composte e solenni, della cerimonia del presente“.

A gennaio a Roma per il saluto fascista alla manifestazione per Acca Larentia  si sono contati 14 denunciati.