Philip Rogosky individuato grazie agli abiti, i resti saranno sottoposti all'esame del Dna
Philip Rogosky, il producer cinematografico americano di 56 anni scomparso il 29 gennaio da via Panico, in pieno centro storico a Roma, è stato ritrovato morto nel parco dell’Insugherata, sulla Cassia. Il rinvenimento sabato mattina. Il cadavere che apparentemente rimanda a Philip Rogosky per gli abiti sarà comunque sottoposto all’esame del Dna.
A trovare il corpo è stato un passante. Accanto ai resti, al volto, una busta di plastica.
Quando sono arrivati sul posto gli agenti della polizia di Stato non hanno potuto fare altro che accertare il decesso e allertare la scientifica.
Si indaga per ricostruire le cause del decesso e i movimenti dell’uomo. Sarà l’autopsia a determinare come e quando è morto. Nelle tasche non sono stati trovati documenti.
Verrà effettuato anche un esame del dna. Di lui si erano perse le tracce da quasi due mesi. I parenti e gli amici avevano presentato denuncia alle forze dell’ordine e lanciato un appello, condiviso, tra gli altri, anche dal Comitato Scientifico Ricerca Scomparsi, dall’associazione Penelope e dalla trasmissione ‘Chi l’ha visto?’
Secondo quanto ricostruito il producer americano era uscito da casa, in zona ponte Sant’Angelo per una passeggiata ma da quel momento di lui si sono perse le tracce. Il telefono è risultato spento da allora.
I familiari hanno tappezzato le stazioni e i muri di diversi quartieri di Roma di volantini di ricerca con il volto dell’uomo e una sua descrizione con la speranza di avere qualche notizia.
Tranne qualche sporadico avvistamento mai del tutto confermato, di lui non si è trovata traccia. Potrebbe aver perso il senso dell’orientamento.
A fine febbraio uno dei tanti appelli sui social lanciato da un’amica di famiglia: “Philip Rogosky è una delle persone più adorabili che io conosca. Un uomo gentile, acuto, ironico, intelligente, tenero, simpatico e curioso. Philip ha una famiglia stupenda, sembra una esagerazione, ma invece è così. Forse, anzi sicuramente, è per questo che oltre 100 amici e amici di amici non smettono da quasi un mese di dedicare tutto il loro tempo libero a cercarlo.E sappiamo quanto il tempo per ciascuno di noi sia merce rara.
Penso che ognuno di noi si chieda, anche , quanto continuare a condividere questi appelli e le sue foto possa aiutare.Col passare delle settimane siamo più spaventati. Ma non molliamo“.
Ieri pomeriggio, però, una chiamata da parte della polizia di stato ai familiari ha spento anche l’ultima speranza.