Roma, il fallimento nei rifiuti tra nuovo termovalorizzatore e differenziata ai minimi

Discariche illegali, cataste di rifiuti e raccolta differenziata fatta male e ai minimi storici in un vero e proprio "Far West" dove non c'è il rispetto delle regole

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La situazione in via Oderisi da Gubbio qualche giorno fa

Discariche abusive in vari punti di Roma, compreso il centro e persino nei lussuosissimi Parioli. Montagne di rifiuti a volte nascoste, molto più spesso sotto gli occhi tutti, sempre ignorate, ormai parte del paesaggio. Quello che “FarWest”, la trasmissione condotta dal giornalista Salvo Sottile su Rai 3, ha mostrato lunedì 29 gennaio, non è di certo una novità. Nel servizio di Rebecca Pecori viene mostrato quello che sembra ormai il “sistema” con cui si gestisce la raccolta e, ancor più, lo smaltimento dei rifiuti a Roma e nel Lazio.

Discariche illegali, cataste di rifiuti e raccolta differenziata fatta male e ai minimi storici in un vero e proprio “Far West” dove non c’è il rispetto delle regole

Un sistema che riuscirebbe ad aggirare le norme con, da un lato, un gran risparmio dei costi e, dall’altro, un inspiegabile spreco di denaro al momento del conferimento.

Sono circa 1.000 le discariche abusive solo nella Capitale: contengono rifiuti di tutti i tipi, compresi quelli nocivi. Frequenti i roghi, ovviamente tossici: per “togliere di mezzo” l’immondizia a costo zero questo è il metodo migliore. Lo smaltimento in queste discariche a cielo aperto lo fanno solo gli “stracciaroli”, che riciclano il ferro per rivenderlo.

Ma i roghi sono purtroppo una costante anche di molte discariche ufficiali. Come, per esempio, il TMB di Malagrotta, andato a fuoco il 24 dicembre del 2023. Chiusa nel 2013, costa ai contribuenti ben 6 milioni di euro l’anno. Prima di Malagrotta, gli incendi avevano colpito l’impianto Salario (dicembre 2018), poi Rocca Cencia (marzo 2019) e ancora Malagrotta (giugno 2022).

Ma il problema sarebbe a monte, nella raccolta. Da quanto emerge, infatti, invece di spingere verso la raccolta differenziata, si porterebbe l’utente verso l’indifferenziata. La Capitale ha infatti una percentuale di differenziata bassissima rispetto sia ad altre città italiane (46%, mentre Milano ha il 72%) che rispetto ad altri Comuni dell’area metropolitana (Velletri 78%, Albano 77%, Ciampino 71%).

E se non si differenzia all’origine, questa operazione va fatta a posteriori, in impianti appositi, i TMB. A differenza del TM, un impianto che effettua solo il trattamento meccanico, nel TMB il rifiuto viene prima depurato, poi “vagliato”, ovvero viene separata la parte secca dalla quota umida. In questo modo viene ricavato il prodotto finito, stabilizzato, che può andare in discarica senza l’impatto ambientale che avrebbe (molto devastante) il materiale che non ha subito questo tipo di trattamento.

Ma i rifiuti di Roma e del Lazio, compresi quelli di Aprilia, non finiscono sempre in impianti TBM. Anzi…

Roma porta parte dei suoi rifiuti indifferenziati in Danimarca, destinati all’inceneritore di Copenaghen, a costi altissimi. I restanti vengono distribuiti in impianti disseminati in Italia, tra cui – nel Lazio – anche impianti TM e non TMB, pagando la stessa cifra del TBM.

Nello specifico, vengono scaricati in un impianto TM, a Castelforte, che si limita a triturare i rifiuti, senza effettuare il trattamento biologico che consente di eliminare la parte umida, rendendo il rifiuto inerte, meno inquinante e non soggetto alla putrefazione.

E a dire che i rifiuti devono essere inerti è una sentenza del Tar del Lazio, che si è occupata della questione: “Applicando le norme europee in vigore, il trattamento dei rifiuti indifferenziati sul territorio nazionale non può prescindere dalla bio-stabilizzazione della frazione organica in essi eventualmente contenuta”. Eppure, nonostante la decisione dei giudici, nel Lazio (dove la Regione non si è adeguata alla normativa del 2014) si continua a ricorrere agli impianti TM per lo smaltimento, agli stessi costi delle strutture TMB, anche se per i gestori i costi sono ovviamente molto diversi: perché?

Ci si chiede, a fronte di ciò, se il trattamento dei rifiuti nel Lazio sia regolare o no: se i rifiuti vengono portati in impianti TM, infatti (come Roma, Pomezia, Castelforte) e non vengono stabilizzati come prevede la normativa europea e come ha stabilito recentemente il Tar riconoscendo proprio la stessa normativa, siamo sicuri che si possa fare? Ma, soprattutto, che sia sicuro per la nostra salute?

Le stranezze, nella raccolta dei rifiuti, non avvengono solo a Roma. Un altro caso emblematico è Aprilia, dove la privata Rida Ambiente ha avuto un lungo braccio di ferro con la Progetto Ambiente Spa, la società del Comune di Aprilia che si occupa della raccolta dei rifiuti. La Rida, a partire dal 1° gennaio e fino a qualche giorno fa, aveva chiuso i cancelli dell’impianto TMB di via Val Camonica – dove fino al giorno prima veniva conferita la frazione del secco indifferenziato – ai mezzi apriliani, contestando la percentuale di residuo umido. Un valore troppo alto e ben diverso da quello sostenuta dall’azienda municipalizzata, che si basava sulla “percentuale media”. Con le porte del TMB chiuse, la Progetto Ambiente, più o meno agli stessi costi, si era rivolta a un impianto TM di Pomezia. Ma, per legge, nel TM non si deve superare il 15% di frazione umida, per i problemi analizzati prima.

“Per conferire in impianti TM non è richiesto che il rifiuto abbia una determinata concentrazione “media” di organico, bensì di garantire che tali percentuali siano sempre al di sotto del 15%”, rimarca Rida Ambiente, che fornisce i dati: nel mese di giugno del 2023 l’indifferenziato secco conferito dalla Progetto Ambiente registra il 25% di organico. Questa percentuale, però, improvvisamente scende al 4% a fine settembre, quando il conferimento viene fatto in un impianto TM. Ma, stranamente, sale al 18% il mese successivo, quando i rifiuti venivamo portati nuovamente alla Rida Ambiente.

Jacopo Morrone, Presidente della Commissione Parlamentare Antimafie, conferma che dietro ai rifiuti c’è un mercato che vale milioni e milioni di euro. Il servizio di Rai 3 si conclude chiedendo ai responsabili di un TMB: “I rifiuti che escono da un TM che fine fanno? Teoricamente non potrebbero finire in discarica, vista la loro componente umida”. A questa domanda nessuno sa rispondere con certezza. “Potrebbero andare in ulteriori impianti di recupero, TMB”, prova a dire l’interlocutore. E la giornalista: “E allora a che serve il TM?”. Una domanda che attende ancora una risposta.

Al contrario, in un altro nostro articolo recente, vi abbiamo raccontato anche di “ignoti” eroi che si attivano per ripulire la capitale.

In particolare stiamo parlando dell“uomo puffo”, un uomo dalla pelle verniciata di blu, al momento anonimo, che da qualche tempo viene ripreso a fare l’aggiusta tutto di Roma, riverniciando e sistemando, tra le altre cose, i cassonetti.

Se vuoi approfondire questi argomenti, clicca sulle parole chiave colorate in arancione, presenti in questo pezzo, e leggi gli articoli correlati e pubblicati di recente sul nostro sito web d’informazione, Canaledieci.it.