Nel carcere di Civitavecchia dove i cellulari per i detenuti arrivano con i droni

Nonostante l’attività di contrasto e i sequestri eseguiti dal personale di polizia l’introduzione illegale dei cellulari nel penitenziario è molto diffuso

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Foto dal blog poliziapenitenziaria.it

Pene severe, da uno a quattro anni di reclusione, per l’ingresso e la detenzione illecita di telefoni cellulari nelle carceri. Ma nonostante il recente inasprimento delle sanzioni previste dal codice penale nel carcere di Civitavecchia i telefonini arrivano dall’alto. Li scaricano piloti nascosti all’esterno della casa circondariale che dirigono i droni con il loro carico proibito sopra le teste dei detenuti che si trovano all’aperto per l’ora d’aria.

Nonostante l’attività di contrasto e i sequestri eseguiti dal personale di polizia l’introduzione illegale dei cellulari nel penitenziario è molto diffuso

Il fatto è, denuncia il Sindacato Autonomo di polizia penitenziaria, che le vie di accesso illegali dei dispositivi elettronici e degli smartphone in formato micro sembrano infinite. Vengono addirittura nascosti all’interno delle scarpe recapitate dai parenti nei pacchi di vestiario destinati ai reclusi.

Controllare questo flusso praticamente ininterrotto di materiale proibito e che si affianca al traffico e alla diffusione della droga nei penitenziari per adulti e minori, è quasi diventato una sorta di battaglia contro i mulini a vento, a dispetto dei continui controlli effettuati dagli agenti che lavorano all’interno della casa circondariale della cittadina tirrenica.

L’ultima scoperta è avvenuta questa mattina, sabato 20 gennaio, durante una delle tante perquisizioni ordinarie fatte nel Reparto accettazione dove, denuncia il segretario nazionale del sindacato per il Lazio, Maurizio Somma, sono stati scoperti due dispositivi destinati a detenuti di nazionalità italiana: uno smartphone in possesso di un recluso del reparto ad alta sicurezza e uno micro occultato da un altro prigioniero del circuito carcerario normale.

Ma i rinvenimenti e i sequestri di questo tipo di oggetti, funzionali evidentemente anche alla gestione di traffici illeciti da parte di chi continua a dare ordini all’esterno da dietro le sbarre, ormai non si contano più.

L’unica alternativa per fermare il fenomeno, sottolinea il sindacato di categoria dando atto al costante impegno del personale maschile e femminile nell’attività di contrasto all’introduzione dei cellulari in carcere, è di dotare la struttura di tecnologie ampiamente diffuse dalle forze dell’ordine e dai reparti dell’esercito per le finalità di protezione elettronica degli obbiettivi sensibili. Si tratta di apparecchiature che sono in grado di diffondere onde radio di disturbo capaci di proteggere l’area di interesse dalle incursioni dei droni e di inibire il funzionamento di dispositivi illegali nelle sezioni detentive oltre che nelle celle e negli spazi in cui sono presenti i detenuti.

In proposito l’organo di rappresentanza della categoria punta l’indice contro una paradossale disparità di trattamento tra chi è condannato a una pena detentiva, e non incontra ostacoli di sorta nell’uso illegale dei telefonini, e il personale di polizia che invece è sottoposto al rigido controllo degli apparecchi che rilevano la presenza dei cellulari, per esempio, durante le prove di esame scritte da parte degli agenti che ambiscono a un avanzamento di carriera.