Ardea, quattro arresti per la cohousing degli orrori: in carcere anche la paladina antimafia Maricetta Tirrito

Blitz della polizia su ordine della Procura di Velletri: pesanti le accuse sollevate contro chi avrebbe accudito anziani senza titolo. La storia di Maricetta Tirrito

Maricetta Tirrito, paladina antimafia finita in carcere
Maricetta Tirrito, finita in carcere per la vicenda della cohousing di Ardea

Arrestata Maricetta Tirrito, presidente dell’associazione “Laboratorio Una Donna” e attiva nella lotta alla violenza sulle donne e alla mafia. Le accuse sono pesanti e legate alla cohousing di via Isernia, ad Ardea, dove hanno trovato la morte due anziani in strane circostanze: per gli inquirenti lei con gli altri indagati sono accusati a vario titolo di omicidio con eventuale dolo, circonvenzione di incapace, abbandono di persone incapaci, esercizio abusivo della professione medico infermieristica, autoriciclaggio e falso ideologico in atto pubblico.

Blitz della polizia su ordine della Procura di Velletri: pesanti le accuse sollevate contro chi avrebbe accudito anziani senza titolo. La storia di Maricetta Tirrito

L’operazione, che ha portato all’arresto di quattro persone (due in carcere) con varie accuse, è stata effettuata questa mattina dagli agenti della Polizia di Stato del Commissariato di Anzio, su ordine della Procura di Velletri, dopo indagini durate quasi un anno, coordinate dal PM Ambrogio Cassiani e dal Gip Boccarrato. Tra gli arrestati (in questo caso ai domiciliari) risultano anche il compagno della Tirrito, mentre per un medico di base di Ardea è stata ordinata la sospensione del pubblico esercizio per un anno: per la donna l’accusa è di aver prodotto certificati falsi.

Alla Tirrito sono stati posti sotto sequestro anche 385mila euro.

Le indagini

Le indagini partono da alcune segnalazioni che hanno fatto scattare un blitz, il 18 gennaio scorso, nel villino di via Isernia. L’ispezione congiunta da parte di carabinieri dei NAS, agenti della polizia di stato, Polizia Locale di Ardea e ispettori della Asl Rm 6 aveva portato a scoprire l’esistenza di quella che si configurava come una vera e propria casa per anziani, con persone ricoverate e gestite da persone senza titoli.

Nell’abitazione, che risultava affittata a 5 anziani nella formula di cohousing, c’erano una quindicina di anziani, una donna straniera reduce da una malattia infettiva e sua figlia di 16 anni. La struttura è stata trovata in condizioni igienico-sanitarie molto precarie, con stanze invase dalla muffa ed escrementi di topo. Gli agenti intervenuti avevano trovato sacchi con abiti sporchi e pannoloni. Inoltre, nella parte esterna, era stato trovato accatastato vario materiale di risulta, oltre a rifiuti ingombranti, bombole di ossigeno, carrelli della spesa, copertoni di auto e parti di mobili. Sul posto erano dovuti intervenire i servizi sociali e un’ambulanza, per soccorrere un uomo di 72 anni di nome Luigi in gravissime condizioni. Luigi, però, era poi deceduto il 27 gennaio.

Le indagini si erano quindi concentrate su come venivano ‘curati’ gli anziani, scoprendo anche il decesso di un altro uomo, avvenuta un anno prima, e si è puntata la lente sullo stato di salute di ulteriori ospiti. Il certosino lavoro degli inquirenti ha portato quindi a scoprire la fitta rete che operava attorno alla cohousing, fino ad arrivare alle misure coercitive emesse dal giudice questa mattina.

L’intestazione dell’appartamento

Secondo le contestazioni della Procura, Maricetta Tirrito “nel corso delle indagini si è palesata quale promotrice e organizzatrice di un collaudato sistema di spoliazione ed appropriazione del patrimonio, economico ed immobiliare, di soggetti anziani affetti da gravi patologie psico fisiche”. Le attività investigative condotte dalla Polizia di Stato hanno permesso di raccogliere anche gravi indizi di colpevolezza nei confronti di ulteriori quattro soggetti, tra cui un medico, “che hanno collaborato con l’indagata affinché le vittime effettuassero atti di disposizione patrimoniale a vantaggio della principale indagata, mediante la sottoscrizione di carte prepagate, di fatto gestite da quest’ultima, in cui far confluire le somme delle pensioni delle vittime. In un caso è stato anche accertato che, grazie alla complicità dell’esercente la professione medica, sia stata falsamente certificata una capacità d’intendere di un ultraottancinquenne, al fine di consentire che quest’ultimo sottoscrivesse una procura speciale a vantaggio della principale indagata per un immobile di pregio ubicato ad Anzio”.

Il doppio volto della Tirrito

Se le accuse nei confronti di Maricetta Tirrito saranno provate, emergerà un doppio volto nella sua controversa figura. Negli ultimi tempi, infatti, Maricetta Tirrito, paladina delle donne e impegnata nella lotta alla mafia, è stata ospite di importanti programmi televisivi, oltre che essere oggetto di moltissimi articoli di giornale, dopo essere stata vittima, mentre era intenta come volontaria nella pulizia nelle vie dello spaccio a Tor Bella Monaca, del lancio di una bottiglia che le avrebbe provocato la frattura del braccio. Sempre in prima fila nelle manifestazioni e sui palchi per parlare di legalità, ha sempre difeso la sua posizione quando le venivano poste domande sulle cohousing da lei gestite, dicendo che si trattava di “provocazioni e falsità”.

Dopo il blitz in quella che immediatamente è stata definita la “casa degli orrori”, la Tirrito fece – non prima di averla fatta accuratamente ripulire – una diretta Facebook con alcuni anziani che, alle sue parole, applaudivano e annuivano, quasi incantati.

Ma qualcuno, uscito da lì dopo lo sgombero avvenuto il 24 marzo grazie all’ordinanza del sindaco Fabrizio Cremonini, avrebbe raccontato qualcosa di diverso. Gli agenti hanno raccolto testimonianze, cartelle cliniche, scattato foto, parlato con medici e psicologi. E, da quanto hanno raccolto, sembrerebbe che quello che avveniva all’interno di quel villino non sia stato così idilliaco per gli anziani. La Rsa abusiva a marzo di quest’anno è stata chiusa per ordine del sindaco di Ardea.

Come funzionava la co-housing

Gli anziani pagavano una retta per poter soggiornare nella co-housing. La rata non era uguale per tutti: dipendeva dal loro reddito. “Mio padre pagava 1.100 euro al mese, perché aveva una pensione di 1.250 euro”, racconta il figlio di una delle persone decedute. “È entrato nella co-housing, perché stava male, portato con un’ambulanza, ma ancora camminava e si reggeva sulle sue gambe. Dopo due mesi, l’ho rivisto su una sedia a rotelle: stava peggio di prima! Poi non ho potuto più avere sue notizie: non aveva più il telefono, e la struttura era stata diffidata dal farlo vedere da me e dalla moglie, per volere di mia zia, che nel frattempo era stata nominata sua procuratrice. Avrei voluto vederlo, ma mi è stato impedito. La notte in cui è morto, da solo, come un cane, nessuno ci ha avvertito. Lo abbiamo saputo dopo ore. Ho raccontato l’intera storia proprio a lei, qualche mese fa. Adesso la giustizia sta facendo il suo corso”.

E’ importante evidenziare che la posizione di Maricetta Tirrito e degli altri tre arrestati è di indagati e che, pertanto, fino alla sentenza passata in giudicata non sono da considerare colpevoli. Al momento, quindi, la Procura della Repubblica ha emesso provvedimenti sulla base di indizi di reato: le prove dovranno formarsi nel corso del processo.