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Roma, blocchi stradali: a rischio processo una dozzina di attivisti green

Agli attivisti legati a Ultima Generazione viene contestato il reato di interruzione di pubblico servizio

In vista la prima ondata di processi a carico degli attivisti green che da mesi bloccano il Gra e le altre strade cruciali di Roma.

Agli attivisti legati a Ultima Generazione viene contestato il reato di interruzione di pubblico servizio

La Procura di Roma ha chiuso le indagini sui blocchi stradali organizzati negli ultimi mesi su diverse arterie della Capitale, e in particolare sul Grande raccordo anulare, dagli attivisti per il clima di Ultima Generazione.

A rischiare il processo con l’accusa di interruzione di pubblico servizio sono dodici attivisti del movimento.

Sui diversi episodi, che hanno causato ingorghi e proteste da parte degli automobilisti, il pm Francesco Minisci aveva aperto più fascicoli. Ora la Procura ha notificato l’avviso di conclusione delle indagini. Altri procedimenti sono ancora in fase di indagine.

I blitz

Nel mirino delle indagini alcuni dei blitz sulla Tangenziale est con le funi calate dal ponte, agli svincoli delle autostrade A1 e Roma-Fiumicino, sul Gra al grido “no ai fossili”, al Colosseo.

Blitz organizzati, in genere, il lunedì mattina presto, quando il traffico intorno alla Capitale è già congestionato o nelle ore di punta in centro, nella loro intenzione, per una campagna di sensibilizzazione più ampia che spesso, però, finisce di mandare su tutte le furie gli automobilisti.

Siamo consapevoli dei rischi giudiziari – sostengono gli indagati – Ma ne affrontiamo il peso perché stiamo lottando per il futuro di tutti”.

Le scene spesso simili. “ Io ve farei fare due mesi dentro il carcere. Così lo str… qui non lo vieni più a fa!”. “Annate a lavorà”, gli sfoghi più ricorrenti.

“Adesso fatece passà, mannatece a lavorà –  si raccomandano automobilisti e persino i passanti – Quel che dovevate fare l’avete fatto, ora basta”.

“No gas, no carbone”

La risposta laconica degli attivisti: “Adesso arriva la Polizia e ci denuncia. Purtroppo non abbiamo altri strumenti per fare sentire la nostra voce e il nostro appello: no gas, no carbone”.