Sulle indagini relative all'omicidio di Sandro Epifano vige il più fitto riserbo, l'uomo aveva precedenti penali
Potrebbe essere stato un rivale che ha agito per motivi personali l’omicida che ha assassinato, Sandro Epifano detto “Furgone”, alle tre del mattino di ieri, domenica 27 agosto, a Pomezia. Sulle indagini vige il fitto riserbo della Procura della Repubblica di Velletri che sta indagando sul caso.
Epifano è stato trovato esanime dai soccorritori allertati dai condomini di un palazzo situato al civico numero 38 di via Singen che avevano sentito provenire dall’androne dell’edificio alcuni lamenti.
La zone spesso frequentata da spacciatori di droga e, proprio per questo i residenti che hanno nulla a che vedere con la rete di traffici illeciti, si sono allarmati chiedendo l’intervento immediato delle forze dell’ordine. Qualcuno ha tra l’altro, affermato di aver sentito come il rumore di un petardo provenire dalla strada. Forse il colpo di pistola che potrebbe aver aperto una lacerazione nella schiena di Epifano lesionando gli organi interni e uccidendolo?
La ferita riscontrata sulla schiena della vittima è stato inizialmente interpretata come conseguenza di un fendente inferto alle sue spalle, forse in seguito a un estremo tentativo di fuga. Sul corpo dell’uomo, giunto in condizioni disperate al pronto soccorso, infatti, era presente soltanto un foro di ingresso ma non quello di uscita di un potenziale proiettile. Sarà il medico legale a sciogliere il nodo delle cause del decesso del 53enne.
Sandro Epifano, conosciuto alle forze dell’ordine per qualche precedente, non risiedeva a Pomezia e il suo soprannome non è neppure frutto di un epiteto appioppatogli da persone che avessero condiviso con lui una vita oppure esperienze al di fuori della legalità ma, semplicemente, perché andava in giro con lo stesso furgone che utilizzava per sbarcare il lunario.
Gli investigatori si starebbero convincendo del fatto che “Furgone”, proprio perché trovato in una zona diversa da quella abitualmente frequentata, possa essere caduto in una trappola tesagli da chi abbia avuto l’intenzione di sbarazzarsene. Un’altra circostanza che farebbe propendere per quest’ipotesi è che, addosso al cadavere, non sono stati ritrovati i documenti personali.
Chi ha commesso l’omicidio potrebbe, dunque, averlo fatto perché spinto da contrasti o motivi di risentimento di natura personale e non necessariamente per ragioni connesse a motivi scaturiti dalle frequentazioni che Epifano aveva con il sottobosco criminale di Roma.
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