Omicidio Vannini: la famiglia Ciontoli contro gli haters

La famiglia Ciontoli denuncia una hater: "Noi offesi sui social". Una quarantenne finisce a processo

vannini
Marco Vannini

Ora sono i Ciontoli a chiedere giustizia. La famiglia accusata di aver lasciato morire nella villetta di Ladispoli il 21enne di Cerveteri Marco Vannini ha denunciato gli haters – gli odiatori social – che li hanno riempiti di insulti per quell’assurda morte che poteva essere evitata. Per una quarantenne romana la procura di Roma – come risulta a Canale10 – ha appena disposto il processo per i reati di diffamazione e minaccia proprio nei confronti dei Ciontoli, divenuti così da “carnefici” a parti offese.

La famiglia Ciontoli denuncia una hater: “Noi offesi sui social”. Una quarantenne finisce a processo

Reati, come scrive il pm Maria Caterina Sgrò, commessi dall’hater tra il 21 e il 26 febbraio del 2019 quando la famiglia Ciontoli ancora non veniva condannata in via definitiva, anche se con ruoli diversi, per l’omicidio di Marco Vannini.

Nell’atto il magistrato scrive che l’indagata avrebbe “in tempi diversi e in esecuzione del medesimo disegno criminoso, minacciato ed offeso l’onore e la reputazione” di Antonio Ciontoli, la figlia Martina Ciontoli, la moglie Maria Pezzillo e Viola Giorgini, allora fidanzata col figlio Federico, pubblicando “sulla propria pagina di profilo del social network facebook video in cui rivolgeva espressioni dal contenuto diffamatorio e intimidatorio...”

Video insulti e minacce

Frasi del tipo “Ciontoli m…tu hai sparato m…sei stato fomentato da quella psicopatica de m…de tu fija…Gli deve succede la stessa tragedia della famiglia Vannini…Arrivi dopo mezz’ora al pronto soccorso…Ve vojo incontrà per strada”.

Frasi in realtà accompagnate anche da insulti e minacce ben più gravi, comprese quelle di morte.

Un’eventualità ormai, quella dell’incontro in strada tra l’hater e la famiglia Ciontoli, impossibile visto che dopo la condanna definitiva per loro si sono aperte le porte del carcere.

Il caso

Marco Vannini morì a Ladispoli la notte tra il 17 e il 18 maggio del 2015 per un colpo d’arma da fuoco sparato dal padre della sua fidanzata Martina mentre era in bagno, poteva essere salvato. Ma Antonio Ciontoli, l’uomo che fece fuoco, e il resto della famiglia (i due figli e la moglie Maria Pezzillo), presente in casa, non fecero nulla per allertare i soccorsi.

Anzi, la condotta di Ciontoli, verso il quale i familiari provavano soggezione, “fu non solo assolutamente anti doverosa ma caratterizzata da pervicacia e spietatezza, anche nel nascondere quanto realmente accaduto, sicche’ appare del tutto irragionevole prospettare, come fa la difesa, che egli avesse in cuor suo sperato che Marco Vannini non sarebbe morto“, riportano le motivazioni della Cassazione pubblicate nel luglio 2021.

Motivazioni che hanno chiuso il caso con la condanna di Antonio Ciontoli a 14 anni di carcere per omicidio volontario con dolo eventuale e quella dei figli, Federico e Martina, e della moglie a 9 anni e 4 mesi per concorso anomalo in omicidio volontario.

L’hater, assistita dall’avvocato Pietro Nicotera, quindi, è stata convocata a piazzale Clodio: nel gennaio 2024 dovrà presentarsi all’udienza di comparizione predibattimentale davanti al giudice monocratico Bernardette Nicotra del tribunale di Roma.