Omicidio Castel di Leva: dietro all’esecuzione di Fabio Catapano l’ombra della ‘Ndrangheta

Nuove carte proverebbero il vero movente dell'omicidio del 48enne Catapano: la sparizione di 110 chili di cocaina

Non un omicidio per gelosia e tradimenti, ma maturato all’ombra della ‘Ndrangheta, come da subito sospettato dalla procura di Roma. Nuove carte ed intercettazioni portano ora a una nuova lettura dell’omicidio di Fabio Catapano, il 48enne di Castel di Leva, centrato il 17 luglio del 2020 con cinque colpi di pistola esplosi a distanza ravvicinata dal vicino di casa, l’imbianchino calabrese Giovanni Nesci, poi condannato in primo grado a 18 anni di carcere grazie al mancato riconoscimento della premeditazione.

Nuove carte proverebbero il vero movente dell’omicidio del 48enne Catapano: la sparizione di 110 chili di cocaina

Delle intercettazioni ricavate da una recente operazione della Dda di Reggio Calabria, risulterebbe che dietro all’esecuzione ci sarebbe il giallo della sparizione di 110 chili di cocaina, che l’imbianchino calabrese avrebbe dovuto custodire a casa per conto della cosca dei Mammoliti di San Luca ed invece pochi giorni era sparita, rubata secondo Nesci con lo zampino del vicino di casa, Catapano. (leggi qui)

Il giorno dell’omicidio Nesci, allora 23enne, si era affrettato a costituirsi e a confessare: “L’ho ucciso io. Pensava avessi una storia con la moglie, non ne potevo più di quella infamia“. Si era subito intuito che il movente ventilato era solo un tentativo di sviare le indagini. Ora nuove intercettazioni potrebbero provarlo riscrivendo il processo che partirà a giorni in appello.

Le intercettazioni

Digli che mandiamo albanesi e ammazzano tutti anche familiari“, riportano, infatti, degli stralci delle carte dell’operazione anti ‘Ndrangheta “Eureka” della Dda di Reggio Calabria, che lo scorso 3 maggio ha fatto contare 108 arresti a livello nazionale e non solo. “Vediamo se mi credete ora, compà“.

Il ruolo di Giovanni Nesci, imbianchino di Soriano Calabro, secondo i carabinieri del Ros, era quello di custodire, per conto della famiglia Mammoliti, la maxi partita di cocaina a Roma. Il 13 luglio aveva fatto scaricare 110 chili di cocaina nella sua abitazione, a Castel di Leva. Ma la droga era sparita pochi giorni dopo.

I sospetti di Nesci sarebbero subito caduti su Fabio Catapano, suo vicino di casa, che aveva assistito allo scarico. Pochi giorni dopo Catapano aveva invitato Nesci a casa sua per una mangiata di pesce, dando il via libero a qualcuno. Almeno così Nesci aveva raccontato ai Mammoliti, come emerge dalle chat criptate fra i sodali. “Mi ha invitato e abbiamo fatto i gamberoni. E sto porco ha inviato la foto dei gamberoni all’altro napoletano. Secondo me quello è stato il via“.

Il furto della coca, che vale 3,5 milioni di euro, in quei due giorni tra il furto e il delitto aveva agitato parecchio la famiglia di San Luca: “Ora mandiamo albanese a sequestrare. A noi ci ha rovinato”. E per recuperare la droga viene deciso di sequestrare Catapano. Giuseppe Mammoliti è anche duro nei confronti del custode: “Compà tu come fai a lasciare tutta quella roba incustodita“.

Nesci teme di essere considerato un traditore. E così, si legge nelle carte, “per dimostrare ai Mammoliti di non essere stato l’autore del furto, piuttosto che eseguire il sequestro, decideva di propria iniziativa di uccidere Catapano“.

La mattina del 17 luglio 2020, il 23enne manda prima un messaggio in Calabria: “Vediamo se ora mi credete compà“. Poi scrive alla mamma. “Ti voglio bene“.

Poi si presenta al civico 76 di via Sparanise, al portone di Catapano. Lo chiama per nome e  poi esplode i cinque colpi. Poi va subito a costituirsi alla caserma dei carabinieri del Divino Amore.

Nessuna prova, però, è mai emersa sul reale coinvolgimento di Catapano. La famiglia ha sempre respinto riferimenti a sparizioni.