Wissem ucciso da un mix di sedativi: indagati due medici e due infermieri

Il migrante tunisino di 26 anni era morto al terzo giorno di ricovero al servizio psichiatrico del San Camillo

Per la morte di Wissem Ben Abdel Latif, il 26enne tunisino trovato senza vita legato a una barella del Servizio psichiatrico del San Camillo il 28 novembre del 2021, ci sono quattro indagati per omicidio colposo: due medici e due infermieri. La consulenza disposta della procura ritiene che il giovane migrante, arrivato a Lampedusa agli inizi di ottobre, possa essere stato ucciso da un mix di farmaci, di cui uno non inserito nella cartella clinica.

Il migrante tunisino di 26 anni era morto al terzo giorno di ricovero al servizio psichiatrico del San Camillo

Il giovane migrante, che aveva problemi psichici  con diagnosi di schizofrenia psicoaffettiva e che sognava di vivere vita in Francia, era stato trattenuto nel Centro di permanenza e rimpatrio di Ponte Galeria dopo essere arrivato in Sicilia su un gommone. E proprio all’interno del Cpr aveva girato dei video per chiedere un trattamento migliore per lui e chi come lui era ospitato lì.

Al Cpr il giovane tunisino viene dichiarato soggetto ingestibile e per questo ricoverato all’ospedale Grassi di Ostia, dove però viene richiesto il trasferimento in un Servizio psichiatrico. Da qui l’arrivo al San Camillo di Roma dove però, il giovane, sarebbe stato sottoposto a sedazioni continue.

I due medici e i due infermieri iscritti nel registro degli indagati sono i camici bianchi di turno nei tre giorni che il migrante ha trascorso al San Camillo, dove poi è morto.

Gli appelli di Wissem

Ciao Rania, come stai? Non mi hanno liberato, mi hanno portato in carcere a Roma. Chiama lo zio Anouer e capisci se può nominare un avvocato. Mi vogliono rimpatriare. Io non voglio tornare, dì a papà e a mamma di non preoccuparsi. Ora l’importante è avere un avvocato, non voglio essere lasciato solo”, aveva detto in un audio inviato alla sorella mentre era trattenuto al Centro per il rimpatrio di Ponte Galeria.

La famiglia, originaria di Kebili, nel sud della Tunisia, non si è mai rassegnata e chiede giustizia. Era stata informata della morte di Wissem solo cinque giorni dopo. Il padre, assistito dall’avvocato Francesco Romeo, aveva denunciato il calvario del figlio.

Wissem Ben Abdel Latif, appassionato di sport, voleva raggiungere uno zio in Francia per lavorare nella sua pizzeria. A Kebili trovava solo lavori sottopagati.