Appalti sospetti per il porto di Gaeta, due funzionari accusati di corruzione

Dietro all'assegnazione di alcuni lavori nel porto ci sarebbe stato un accordo corruttivo

concorso guardia di finanza

L’assegnazione di un appalto per i lavori nel porto “pagato” con soldi e regalie. Ci sarebbe stato un accordo corruttivo, secondo l’autorità giudiziaria, nell’assegnazione dei lavori per la manutenzione di una banchina del porto di Gaeta. Tre indagati per questo motivo hanno appena ricevuto un avviso di conclusione delle indagini: due sono funzionari pubblici.

Dietro all’assegnazione di alcuni lavori nel porto ci sarebbe stato un accordo corruttivo

I Finanzieri del Gruppo di Formia a conclusione di una indagine coordinata dalla Procura della Repubblica di Cassino, hanno, infatti, appena provveduto a notificare a tre soggetti, due funzionari pubblici dell’Autorità di Sistema portuale del Mar Tirreno Centro Settentrionale sede di Gaeta e a un imprenditore edile, l’avviso di conclusione delle indagini preliminari.

Le indagini, eseguite tra il 2021 e i primi mesi dell’anno, si inseriscono nell’ambito dell’attività del Corpo in materia di spesa pubblica e hanno interessato in particolare la regolarità delle procedure relative ai lavori per la messa in sicurezza del porto di Gaeta.

Le violazioni ipotizzate

La condotta ipotizzata a carico dei tre indagati è quella di concorso nel reato di corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio e riguarda l’affidamento di un pubblico appalto del valore di circa € 103.000 relativo alla manutenzione straordinaria della pavimentazione della Banchina di Riva della Darsena dei Pescherecci di Gaeta.

Secondo l’ipotesi investigativa, i funzionari pubblici interessati avrebbero ricevuto dall’imprenditore casertano tangenti e regalie in cambio dell’aggiudicazione dell’appalto in questione.

Inoltre, le Fiamme Gialle hanno potuto constatare come già in epoca antecedente allo svolgimento della gara d’appalto, ovvero nella fase di sorteggio delle ditte partecipanti al bando, fossero state ammesse ben sette società su dodici di fatto riconducibili all’imprenditore edile, destinatario, tra l’altro, di misure interdittive antimafia.

Proprio in ragione di tale ultimo provvedimento, l’appaltatore aveva provveduto ad intestare fittiziamente a parenti o prestanome le varie società, pur di poter partecipare ugualmente ai bandi di gara indetti dalla pubblica amministrazione.

canaledieci.it è su Google News:
per essere sempre aggiornato sulle nostre notizie clicca su questo link  digita la stellina in alto a destra per seguire la fonte.

Netturbini vampiri, “succhiavano” gasolio per rivenderlo. Maxi processo in vista