Roma, la prima condanna nel processo per l'omicidio di Elena Aubry. Graziella Viviano: "Non mi interessano anni e pena. Voglio solo che questo non accada più"
Roma: al termine dell’udienza del processo svolto con il rito abbreviato per la morte di Elena Aubry deceduta a maggio del 2018 in un incidente di moto all’età di 26 anni, a causa del pessimo stato del manto stradale di via Ostiense, è stato condannato a due anni, Alessandro Di Carlo, responsabile della sorveglianza della ditta vincitrice dell’appalto per la manutenzione della strada.
Fra gli otto imputati sei funzionari comunali, tra cui due ultimi direttori del Simu. Per loro il Giudice ha invece fissato il processo al 9 luglio del 2024. Fra gli indagati, figurano i funzionari comunali, Marco Domizi, Nicola Di Bernardini, Fabrizio Pennacchi, Paolo Fantini, Francesco Campagnoli e due ultimi direttori del Simu, Dipartimento Sviluppo infrastrutture e manutenzione urbana, Fabio Pacciani e Roberto Botta.
Elena Aubry stava tornando dal mare quel giorno, quando a causa della strada completamente dissestata per le radici dei pini, all’altezza del Cineland di Ostia, ha perso il controllo della sua Honda Hornet, andando a sbattere contro il guard rail.
Nell’indagine aperta per omicidio colposo, il pm Laura Condemi affidò una serie di consulenze per analizzare quel tratto di strada procedendo all’iscrizione nel registro degli indagati degli otto imputati.
In seguito a quelle perizie gli inquirenti fecero avviare anche uno studio, effettuato con tecniche 3D, per verificare lo stato del manto, in base al quale fu possibile accertare con esattezza il punto esatto dove l’allora 26enne perso il controllo della sua moto per finire tragicamente uccisa nell’impatto con il guard rail: “Tra due gibbosità, distanti appena un metro e 40 centimetri” l’una dall’altra. Una versione dei fatti per altro anche confermata da alcuni testimoni oculari presenti al momento dell’incidente.
Al dolore della madre della giovane si è aggiunto in questi anni anche lo strazio del lungo processo e l’ulteriore trauma due anni dopo la morte di Elena, del trafugamento dell’urna con le sue ceneri dal cimitero del Verano (leggi qui), per cui fu individuato come responsabile un 49enne, a processo per quel reato, e che Graziella Viviano dovrà affrontare il prossimo marzo 2023 nella prima udienza.
In un messaggio affidato ai social sul suo profilo, la madre di Elena Graziella Viviano ha voluto condividere il suo pensiero sul giudizio espresso oggi: “Non mi interessano gli anni di pena, ho chiesto ai Giudici di stabilire una pena che fosse congrua per evitare che venisse ripetuto di nuovo un omicidio come quello di Elena e quelli adempimenti che hanno alla sua morte. L’unico senso della condanna per la morte di mia figlia sarà quello di evitare che muoiano altri ragazzi. L’unica cosa che può darmi pace”.
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