E’ un operaio di Ardea, Mirko Angeloni, l’uomo arrestato con l’accusa di aver assassinato il 5 ottobre nell’hotel Samoa di Marina di Tor San Lorenzo la trans argentina di 47 anni Naomi Cabral, nome di battesimo Alejandro Daniel Cabral. A tradirlo, secondo gli inquirenti, alcune intercettazioni.
“Ho ammazzato uno”, avrebbe rivelato giorni dopo l’allora sospettato Angeloni a un’altra trans senza specificare a chi si riferisse.
Per il gip di Velletri che ha ordinato l’arresto Mirko Angeloni avrebbe ucciso Naomi in un “crescendo di violenza“. Prima la lite, probabilmente per soldi, poi lo strangolamento e il soffocamento e infine dei colpi sulla testa con un posacenere di vetro (leggi qui).
Il giudice ha contestato l’omicidio volontario e disposto il carcere perché “per come emergono dalle stesse parole dell’indagato” si rivela “una enorme aggressività e un vero spregio della vita umana, privo di qualunque resipiscenza”.
Una violenza definita “naturale” tanto che “lungi dal mostrare una qualche forma di dispiacere si limita a giustificare – sottolinea ancora il gip – il suo operato con un ‘Mi è partita la ciavatta’ ” .
I carabinieri di Anzio che indagavano sul delitto una volta focalizzato come sospettato il 35enne di Ardea, operaio a giornata e un precedente per detenzione di stupefacenti a fine di spaccio, su delega della procura di Velletri, lo hanno, infatti, sottoposto a intercettazioni.
Da qui le prime parole sospette rivelate al fratello: “Tu lo sai che quando sbrocco, sbrocco alla grande”. E ancora: “Mi è partita la testa. Non so cosa mi dice il cervello, non mi sono regolato”.
Naomi Cabral non è riuscita ad opporsi alla violenza del suo conoscente, forse perché colta di sorpresa – è stata trovata nuda sul letto – o perché resa meno lucida dal consumo di sostanze stupefacenti.
L’autopsia ha rivelato come Naomi è stata assassinata: “Le lesioni riscontrate depongono per un’asfissia meccanica violenta dovuta ad un meccanismo misto di soffocamento e strozzamento”.
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