Giudice del tribunale fallimentare di Roma condannata a 7 anni

La giudice avrebbe distratto denaro dei fallimenti insieme a dei complici per milioni di euro

Un ex giudice fallimentare del tribunale di Roma è stata condannata a sette anni di reclusione con l’accusa di peculato. La sentenza è stata emessa, ieri, 26 maggio, dal tribunale di Perugia competente per i reati commessi dai magistrati del distretto romano.

La giudice, accusata di peculato, si sarebbe appropriata di denaro dei fallimenti insieme a dei complici per milioni di euro

In base al tribunale di Perugia la giudice si sarebbe appropriata di somme di denaro consistenti di proprietà di due fallimenti da una parte mediante sostituzione di persone ormai irreperibili o decedute dall’altra mediante simulazione di crediti fittizi che poi venivano riscossi da procuratori compiacenti.

Il sostituto procuratore di Perugia Manuela Comodi contestava alla giudice, molto nota a Roma e ora sospesa, di aver distratto denaro dei fallimenti, insieme a dei coimputati, per un valore di diversi milioni di euro. Accuse sempre respinte dalla giudice finita sul banco degli imputati e difesa nel procedimento dall’avvocato Armando Fergola.

L’imputazione

Secondo l’accusa la giudice, un legale e due collaboratori sarebbero intervenuti nei giudizi fallimentari con crediti che “sapevano essere inesistenti e che venivano ammessi tardivamente al passivo grazie alla formazione di falsa documentazione probatoria che rendesse apparentemente legittima l’ammissione”.

Altri reati, la falsità ideologica e la falsità materiale, sono stati dichiarati estinti per prescrizione.

L’imputata era stata già rimossa dall’ordine giudiziario, ma la corte ha deciso per lei anche l’interdizione per sempre dai pubblici uffici. Il magistrato era stata arrestata nel giugno del 2013.

La difesa e una intercettazione

“Mai intascato un euro”, si è sempre difesa, “Contro di me accuse infondate”.

Negli atti dell’indagine era finita una intercettazione che aveva messo in imbarazzo l’ordine giudiziario.

“Di fronte a certi atteggiamenti io divento più mafiosa dei mafiosi. Gli ho detto (diceva a un coindagato, un commercialista) guarda, io ci metto un attimo a telefonare a dei miei amici calabri che prendono il treno, vengono, te danno una corcata de botte e se ne ripartono”.

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