Piazzale Clodio si ferma: lunedì sciopero dei magistrati

I magistrati di piazzale Clodio aderiscono allo sciopero nazionale contro la riforma Cartabia: ecco i motivi

Palazzo di giustizia
L'ingresso di piazzale Clodio

Anche i magistrati di Roma si preparano allo sciopero di lunedì prossimo, 16 maggio, indetto dall’Anm a livello nazionale contro la riforma dell’ordinamento giudiziario.

I magistrati di piazzale Clodio aderiscono allo sciopero nazionale contro la riforma Cartabia: ecco i motivi

Tra le iniziative previste la principale si terrà proprio il 16 maggio, a partire dalle ore 11.

Nella Sala Unità d’Italia della corte di appello civile, a Prati dove è indetta una tavola rotonda dal tema “Perché scioperiamo”.

Parteciperanno il gip del tribunale di Roma Valerio Savio, il pm Eugenio Albamonte, il presidente della Camera penale di Roma Vincenzo Comi, il presidente di Agi Lazio Filippo Giorgi e il giornalista Giovanni Bianconi.

L’assemblea sarà condotta e coordinata dal giudice Emanuela Attura, segretario della Ges, la giunta esecutiva sezionale di Roma dell’Anm, e dal sostituto procuratore Santina Lionetti. 

Chi sarà in udienza quel giorno leggerà un documento per spiegare le ragioni della protesta. Documento che sarà affisso dai magistrati anche alle porte dei loro uffici e nei corridoi. I magistrati che aderiranno dovranno informare prima gli uffici.

Perché i magistrati hanno deciso di scioperare

Lo scopo dell’astensione, secondo i magistrati, è quella di far comprendere ai cittadini che la riforma approvata alla Camera dei Deputati – ora passata al vaglio del Senato della Repubblica – “non restituisce efficienza e credibilità al servizio giustizia”.

 “Bisogna dire apertamente che i magistrati italiani – spiega  in una nota la Ges, la giunta esecutiva sezionale della Capitale dell’Anm – non sono contrari alla riforma della giustizia: l’astensione è stata proclamata a fini propositivi, per far sapere ai cittadini cosa i magistrati hanno da dire sulla giustizia”, si precisa.

“Non è certo separando ed isolando il pubblico ministero, incentivando il carrierismo e costruendo il processo penale come una sorta di competizione tra chi vince e chi perde che può essere migliorata la giustizia.

Il Paese ha bisogno di magistrati liberi da condizionamenti interni ed esterni ed indifferenti alle aspettative della politica o dell’opinione pubblica, in piena applicazione dei principi espressi dai padri costituenti.

Un magistrato non è libero se deve preoccuparsi delle sue performances, se vengono introdotte sanzioni disciplinari per il pm in caso di mancata trasmissione di atti, poi ritenuti rilevanti oppure – questo con riguardo ai Procuratori – se viene sanzionato disciplinarmente l’indire conferenze stampa o rilasciare comunicati in relazioni a fatti, ritenuti ex post non di interesse pubblico”

“Ancora la separazione delle funzioni, che di fatto anticipa una separazione delle carriere, aggira con legge ordinaria il disposto di cui all’art. 107 Costituzione. I magistrati vogliono spiegare tutto questo e molto molto altro ai cittadini”, è la conclusione.

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