Roma: sciopero della fame per difendere sua figlia disabile

Gesto estremo di una mamma di 82 anni. Maria Cidoni :«Vogliamo dignità per i nostri ragazzi.»

Roma: a 82 anni è costretta alla sciopero della fame per difendere i diritti di sua figlia disabile. È un gesto estremo quello di Maria Cidoni. Sua figlia Barbara, da quando è molto piccola vive al Cem, il Centro di educazione motoria di via Ramazzini 31 a Roma. Maria chiede l’adeguata assistenza per sua figlia e per tutti gli altri ragazzi.

“Basta promesse. Vogliamo dignità per i nostri ragazzi”. Mamma 82enne inizia lo sciopero della fame in difesa di sua figlia disabile

Ha destato grande indignazione l’episodio accaduto lo scorso 18 aprile a 27 disabili che a Genova sono stati fatti scendere dal treno che avevano prenotato perché chi aveva occupato i posti a loro riservati non li aveva voluti liberare.

Purtroppo troppo spesso, quando si tratta di disabili e del riconoscimento dei loro diritti, se ne parla solo quando accade qualcosa di veramente eccezionale.

Tante volte le famiglie dei ragazzi sono costrette a gesti estremi per far sentire la loro voce e rivendicare un diritto a loro negato.

E un gesto estremo è quello che ha deciso di compiere Maria Cidoni, 82 anni, mamma di Barbara che da quando è molto piccola vive al Cem, il Centro di educazione motoria di via Ramazzini 31 a Roma.

sciopero fame maria
Maria e sua figlia Barbara al Cem

Maria da oggi, martedì 26 aprile, ha iniziato lo sciopero della fame per chiedere alla Asl e alla Regione Lazio di dare assistenza adeguata ai ragazzi che vivono nella struttura con il giusto rapporto operatori/utenti.

«Il Cem viene considerato un centro ex art. 26 e l’accreditamento e la gestione sono della CRI Area Metropolitana di Roma – spiega Maria che è anche presidente dell’associazione dei genitori –  ci sono 38 ragazzi, il personale che li assiste è ridotto al minimo. Abbiamo quattro gruppi e ogni gruppo ha una sola presenza di assistente al giorno. È impossibile da sopportare. Ci sono ragazzi che hanno problematiche serie, anche amplificate dal periodo di pandemia. Non si prendono sostituzioni per le malattie e questo crea gravi disagi. Non riesco più a stare a guardare, nonostante io abbia parlato con la Regione e con la Asl non si muove nulla. Non ce la faccio più, qualcuno deve muoversi, noi famigliari non sappiamo più che cosa fare.

«Mi chiedo solo come fanno a risparmiare, togliendo alle persone con disabilità – continua – quello che è fondamentale per la loro assistenza. Succede a chi vive in famiglia, a chi vive nelle strutture residenziali, ai bambini, ai giovani, agli adulti, agli anziani, non c’e’ rispetto per nessuno. Quando leggo quello che succede ai miei amici, dei vari gruppi, mi viene tanta rabbia, penso che stiamo tutti in mano nemiche, che ci combattono nella maniera più vile, senza vergogna. Gli ultimi giorni li ho trascorsi usando un computer e due telefoni, mandando comunicati e rapportandomi con i consiglieri dell’associazione dei familiari, che mi saranno vicini nel corso della protesta, visto che sono tutti molto arrabbiati, e stanchi, di quanto stanno subendo i nostri Ragazzi. Stranamente non se ne accorge nessuno, nemmeno chi viene a “controllare”. Sono serena, credo in ciò che sto facendo, non ho paura di nulla e di nessuno.»

Un gesto molto forte di una mamma che negli anni ha compiuto tante battaglie per il riconoscimento dei diritti dei disabili e che merita di essere ascoltata.

 

canaledieci.it è su Google News:
per essere sempre aggiornato sulle nostre notizie clicca su questo link e digita la stellina in alto a destra per seguire la fonte.

 

Fuori dalla struttura semiresidenziale per un ricovero in ospedale durato “troppo”: la storia di una disabile