Gli psicologi: “Dilagano tra i giovani l’isolamento e la reclusione in casa”. Cosa fare

Isolamento domestico: un problema che c'era, aumentato con il Covid. Le diverse soluzioni degli esperti

Prima la pandemia da Covid e il lockdown, poi la guerra che si muove con ferocia in Ucraina coinvolgendoci nell’emergenza e negli aiuti per centinaia di vittime. Tutto questo è avvenuto in pochissimo tempo, creando, quando non già presente nei giovani ma anche negli adulti, la paura e la tendenza sempre crescente di chiudersi in se stessi e dentro casa. Ecco cosa ne pensano gli esperti.

Isolamento domestico: un problema che c’era, aumentato con il Covid. Le diverse soluzioni degli esperti

Cresce il numero delle persone che con il Covid, sotto controllo ma ancora presente nel nostro paese e con numeri significativi a partire dalla Capitale (leggi qui), reagisce chiudendosi in casa se non addirittura nel solo ambiente nella propria camera da letto.

Un comportamento che è sicuramente legato ad un istinto di autodifesa, e cui oggi si aggiunge l’altra grande paura vera quanto atavica della guerra, ma che tagliando fuori il mondo, provoca a sua volta problemi di socialità, che in poco tempo si riflettono negativamente sulla totale capacità affrontare il mondo esterno.

Per affrontare il fenomeno, ampiamente studiato dal Dottor Fabio Tognassi, psicologo, psicoterapeuta, psicoanalista, membro dell’équipe di Jonas Onlus Milano, e responsabile clinico del servizio di Assistenza psicologica domiciliare (Apd), una sola sembrerebbe la possibilità di intervento con risultati. La soluzione da lui stesso spiegata, in una recente intervista riportata sul sito di Jonas, è l’Assistenza domiciliare:

La chiusura alla socialità, è in crescita a causa dell’isolamento imposto dalla pandemia Covid-19, ed è un nuovo sintomo del nostro tempo. Sono spesso i giovani che tendono a  chiudersi in casa e nelle proprie stanze, tagliando i ponti con la socialità e rifiutando di rientrare in un mondo, da cui si sentono a loro volta rifiutati. In questi casi – spiega Tognassi – l’intervento domiciliare rappresenta spesso l’unico modo per offrire ascolto e aiuto”.

Il servizio di Assistenza domiciliare psicologica, come chiarito dall’esperto, rompe gli schemi classici della psicoanalisi, in cui è il paziente ad andare dall’analista. In questo caso, sono gli psicologi ad andare a casa di chi vive un malessere e una sofferenza per una situazione di stallo e chiusura al mondo.

La necessità di incontrare le persone interessate dalla sofferenza psichica nel loro contesto domiciliare, è dovuta a due ragioni principali: in primis ci sono situazioni in cui la sofferenza psichica è talmente elevata da far sentire al paziente l’esigenza di una presenza maggiore dello psicologo nella propria quotidianità, per aiutarlo a sistemare la propria vita.

Secondo Tognassi poi, la modalità di assistenza vale analogamente per i casi in cui l’intervento psicologico nella sua forma tradizionale non è sufficiente, ad esempio nel campo della disabilità, intellettiva e fisica. A queste situazioni si sarebbero aggiunte nuove forme di sofferenza legate proprio al ritiro sociale aumentato dalla pandemia.

Scommettiamo sull’incontro reale tra le persone – sottolinea -. Andiamo a casa loro, in giro con loro, organizziamo attività insieme a loro, aiutandoli ad uscire dal loro isolamento difensivo». A tale proposito, il gruppo di esperti non si fa troppi problemi a rompere la “sacralità” del setting psicoanalitico. Questa – conclude – è sempre stata la nostra missione sociale: far uscire la psicoanalisi dagli studi privati degli analisti”.

Per fronteggiare il disagio la Regione Lazio ha lanciato il bonus psicologo. (leggi qui).

Nella finta “comfort zone” vince il mondo “virtual” raggiunto dal delivery. Bernardi: “Meglio uno scambio tra coetanei per riprendere la socialità”

Sull’argomento abbiamo sentito anche la Dottoressa Noemi Romana Bernardi, psicoterapeuta da quasi 40 anni tra Roma e Ostia, che ci ha espresso la sua grande preoccupazione:

Il fenomeno è molto diffuso tra i giovani ma, direi, anche tra gli adulti. Prima la pandemia e adesso la paura della guerra stanno spingendo i ragazzi a chiudersi all’interno di casa, a evitare la socializzazione e gli interessi comuni. Si fanno bastare il mondo virtuale dei social, circostanza che inconsapevolmente alimenta in loro un senso di insicurezza e di inadeguatezza. La sensazione è che siano come anestetizzati, incapaci di emozioni e di relazioni con i coetanei”. “Strettamente connesso a questo – aggiunge la dottoressa Bernardi – sta crescendo a dismisura il delivery ovvero la consegna a domicilio di qualsiasi acquisto. E non parlo solo di cibo ma persino di generi di uso comune come le sigarette e non solo tra i giovani ma anche tra gli adulti”.

Quale soluzione psicoterapeutica adottare?

Non sono assolutamente d’accordo con le terapie a domicilio come suggerito dal dottor Tognassi di fare un lavoro a domicilio dei pazienti: credo che, invece, sia importante proprio portarli fuori dal loro ambiente e dalla loro clausura. Meglio sarebbe, al contrario, organizzare dei gruppi di lavoro collettivo tra pari e coetanei, in modo di mettere in parallelo le esperienze e indurre in questo modo alla ripresa del dialogo e della socializzazione”.

Noemi Romana Bernardi insieme con gli psicologi della Asl Roma 3 già un anno fa, a luglio 2021 (leggi qui), hanno lanciato l’allarme legato al fenomeno dell’isolamento dei giovani con uno specifico convegno. Ci si auspica che le azioni a sostegno delle fasce più provate dal disagio, proseguano in quella direzione.

canaledieci.it è su Google News:
per essere sempre aggiornato sulle nostre notizie clicca su questo link digita la stellina in alto a destra per seguire la fonte.

Borse di studio universitarie su progetti di legalità: il bando del Rotary Club Ostia