Il 17 agosto 2021 mentre sulla sponda giallorossa del Tevere si faceva ancora un gran parlare di Edin Džeko, dell’accordo raggiunto con l’Inter e di cosa avrebbe perso la Roma, Tiago Pinto si trovava a Londra per chiudere la missione Abraham per conto di José Mourinho. Esattamente sei mesi dopo l’attaccante inglese si è preso Roma e la Roma a suon di gol, prestazioni e atteggiamenti che hanno fatto subito innamorare i suoi nuovi tifosi.
Impatto, bilancio e obiettivi dell’attaccante Tammy Abraham fortemente voluto da José Mourinho per guidare in avanti la Roma
Che giocatore è Tammy Abraham? Questa è la vera domanda, quella corretta e quella a cui per una serie pressoché infinita di ragioni è molto complicato rispondere, quasi impossibile. I numeri possono aiutarci, certamente, ma alcune caratteristiche dell’attaccante inglese e soprattutto le sensazioni che trasmette in campo sfuggono spesso alla fredda e razionale analisi numerica. Lo si può trovare con la stessa identica probabilità a braccia aperte al centro dell’area di rigore lamentandosi per un passaggio non ricevuto, come il più classico ed egoista dei centravanti, e, pochi istanti dopo, vederlo premiare l’inserimento di un compagno con qualche giocata barocca piuttosto che scommettere sulle proprie doti balistiche. Tammy Abraham è tante cose e, spesso, tutte insieme. Terminato il primo semestre romano proviamo ad analizzare il suo rendimento e l’impatto avuto sui giallorossi, con un occhio ad un record sempre più vicino.
I primi sei mesi di Abraham a Roma
Partiamo come sempre dai numeri, il modo migliore e più intuitivo per fotografare la prima parte di stagione dell’attaccante inglese: 33 partite, 18 gol e 4 assist. Completano il tutto 7 legni quasi equamente distribuiti tra Serie A e Conference League. Quello che ha stupito tutti nella Capitale fin dal giorno del suo arrivo e, qualche ora dopo, del suo debutto contro la Fiorentina in campionato è stato l’impatto emotivo di Abraham nella squadra e il suo coinvolgimento immediato con l’ambiente e con i tifosi: tutto quello di cui le varie componenti avevano bisogno dopo la partenza di un vero e proprio punto di riferimento come Edin Džeko.
Dicevamo del suo esordio: Roma – Fiorentina, prima giornata di Serie A, Abraham appena sbarcato nella Capitale viene mandato in campo da Mourinho e in 70 minuti scarsi esibisce un campionario delle sue doti (e sfortune). Fa espellere Drągowski rubandogli il tempo in uscita, fornisce due assist e centra in pieno una traversa: sostituzione e standing ovation dell’Olimpico. Il primo gol arriva la settimana successiva a Salerno. In autunno risente della flessione della squadra e trova tre gol in tredici partite, due dei quali però da tre punti contro Udinese e Torino. Nel mezzo il percorso nella fase a gruppi della Conference League dove tira un po’ il fiato accomodandosi in panchina in tre occasioni, ma riuscendo comunque a realizzare sei gol in 297 minuti.
L’incredibile giallo rimediato nella trasferta di Bologna gli nega la possibilità di affrontare l’Inter, ma gli consente di riposare una settimana e al rientro in campo, a metà dicembre, il suo fatturato nella Roma cresce in modo esponenziale. Assist contro lo Spezia e doppietta a Bergamo in quella che rimane, ad oggi, la migliore espressione della Roma di Mourinho. Il feeling con Zaniolo lo aiuta ulteriormente e nelle successive sette partite realizza cinque gol. Il quadro dei suoi primi sei mesi si completa con una rete e un assist negli ottavi di Coppa Italia.
L’importanza e la centralità di Tammy Abraham in questa Roma sono certificate, oltre che dai suoi numeri, dalle scelte di José Mourinho: l’inglese è il primo calciatore di movimento per partite e minuti giocati (33 – 2.566’). Miglior marcatore della squadra, neanche a dirlo, con il doppio delle reti segnate rispetto a Lorenzo Pellegrini attualmente secondo (9). Escludendo le due coppe, i numeri raccolti in Serie A descrivono un attaccante assolutamente determinante.
Abraham è il quarto miglior marcatore del campionato, nonostante la Roma sia solamente l’ottavo attacco più prolifico. Il quinto giocatore per tiri totali tentati (68) e per conclusioni nello specchio della porta (24). Ad essere sorprendente è il dato sui npxG (gol attesi escludendo i calci di rigore) che lo vede al primo posto in Serie A con una prestazione prevista di 13.1 a fronte però delle 10 reti realizzate. Segno di un attaccante che crea e si crea molte occasioni ma che deve ancora trovare la via per essere spietato sotto porta.
Per la spiegazione degli xG (Expected Goals) e per il confronto diretto con altri attaccanti della Serie A rimando a questo nostro approfondimento precedente.
Per un attaccante però non esistono solo i gol e un giudizio il più possibile completo e corretto deve tenere conto anche del supporto ai compagni e dell’aiuto alla manovra della squadra. Abraham ha una percentuale di passaggi riusciti del 73,6% (348/473), un dato in linea con gli altri “numeri nove” della Serie A, che acquisisce però ancora più valore se consideriamo la propensione dell’inglese a giocare in verticale aumentando quindi il fattore di rischio: i suoi passaggi completati hanno prodotto un guadagno per la Roma di 1228 metri in campo.
Abraham è il terzo giocatore in Serie A per tocchi di palla nell’area di rigore offensiva (138) e uno dei migliori nel portare pressione ai giocatori avversari. La Roma recupera il pallone entro cinque secondi da quando l’inglese va a pressare gli avversari il 31,5% delle volte, un numero altissimo considerando il suo ruolo. Completano il quadro il 47,6% di duelli aerei vinti (59/124) e i 20 contrasti vinti sui 30 tentati.
Questa breve retrospettiva sui primi sei mesi di Tammy Abraham nella Capitale certifica l’impatto rilevante avuto dall’attaccante inglese nella Roma e nel nostro campionato. Ragionamenti che acquistano sempre più forza considerando l’età del giocatore (24) e nel confronto con le altre “prime stagioni” vissute dagli attaccanti giallorossi in epoca recente. Il “mostro” che Mourinho vuole vedere in campo si sta evolvendo e adesso punta con forza ad entrare nella storia della Roma come miglior marcatore al primo anno con questa maglia. Dopo sei mesi ha già raggiunto quota 18 reti e davanti a lui sono rimasti due mostri sacri della storia giallorossa: Montella e Batistuta. I due attaccanti dell’ultimo Scudetto si sono fermati entrambi a quota 21 nelle loro rispettive prime stagioni, Abraham, da vero e proprio cannibale, li vede già all’orizzonte e punta al gradino più alto del podio di questa speciale classifica.
Chi è Tammy Abraham?
Kevin Oghenetega Tamaraebi Bakumo-Abraham nasce a Camberwell, un distretto a sud di Londra, il 2 ottobre del 1997. La sua vita calcistica comincia e si sviluppa intorno al Chelsea: dall’Academy dei Blues, nella quale entra giovanissimo, fino alla Champions League vinta nel maggio del 2021.
Nel biennio 2014/15 e 2015/16 Abraham gioca e impressiona nella Premier League Under-21 e nella UEFA Youth League. Il Chelsea è una squadra di assoluto livello e si impone per due anni consecutivi nella Champions dei giovani anche grazie alle prestazioni dell’attaccante inglese.
Nelle semifinali Youth League del 2015 Abraham affronta ed elimina la Roma segnando anche la rete del definitivo 4-0. Curioso dare un’occhiata alla distinta di quella partita nella quale figuravano giocatori come: Verde, Sanabria, Ola Aina, Boga, Tomori e il suo attuale compagno e capitano Lorenzo Pellegrini.
Nei suoi primi due anni Abraham totalizza 56 presenze e segna 35 gol guadagnandosi l’esordio in Premier League nella supersfida contro il Liverpool l’11 maggio del 2016.
Il Chelsea crede molto nelle qualità del ragazzo e l’anno successivo lo manda in prestito in Championship al Bristol City. Abraham conferma il suo talento, trova spazio e fiducia: in 48 partite segna 26 gol.
La stagione 2017/18 lo vede ancora in prestito, questa volta però in Premier League con la maglia dello Swansea. Il salto di categoria è difficile ed Abraham non riesce a ripetere la stagione precedente da un punto di vista realizzativo. L’attaccante raccoglie 39 partite e 8 gol, oltre ad un buon bottino di esperienza.
L’anno successivo il Chelsea decide di mandarlo nuovamente in Championship e individua nell’Aston Villa il club perfetto per far esplodere definitivamente il ragazzo: è la scelta giusta. 37 partite e 25 gol in campionato che valgono al club l’accesso ai play-off. Abraham gioca e guida la squadra alla promozione in Premier, conquistata battendo in finale il Derby County di Frank Lampard.
Nome non banale quello di Lampard, nella storia del Chelsea e nella carriera di Tammy Abraham, perché qualche mese dopo diventa allenatore dei Blues e decide di puntare sul giovane attaccante fornendogli la chance di dimostrare il suo valore nel club d’appartenenza. Nella stagione 2019/20, forte della fiducia del suo allenatore, Abraham segna 18 gol in 47 partite.
L’anno successivo è più complesso per la squadra e per Abraham. Tuchel entra in corsa al posto dell’esonerato Lampard e gli arrivi di Havertz ma soprattutto di Werner gli tolgono spazio in avanti. L’attaccante inglese riesce comunque a rendersi molto utile quando chiamato in causa: il saldo finale dice 32 partite, 12 gol e 6 assist. La bacheca si riempie di una Champions League vissuta e goduta a metà: la prima parte in campo, la seconda dalla panchina.
L’estate del 2021 per il Chelsea è quella del grande ritorno di Romelu Lukaku che impone ad Abraham una riflessione sul suo futuro e la conseguente esigenza di cercare una nuova sfida altrove, di sentirsi apprezzato e di tornare protagonista. La scelta improvvisa di Džeko, la chiamata istantanea di Mourinho e il viaggio lampo di Tiago Pinto tracciano la strada per un nuovo capitolo della sua carriera, quello giallorosso.
La Roma anticipa di un anno l’investimento preventivato per la sua punta di diamante e si assicura per 40 milioni di euro (più bonus) uno dei talenti più interessanti del calcio inglese. Il resto è, e sarà, storia.
Michele Gioia