All’insegna dell’abbondanza, ricchezza e buon auspicio: le antiche tradizioni di Capodanno

Le origini romane di alcuni riti della festa di Capodanno giunti fino ad oggi: il significato dei colori e i cibi di buon auspicio

Alle soglie di un altro Capodanno nel quale augurarsi soprattutto tanta buona salute per tutti, con la cessazione dei contagi e il ritorno ad una vita più serena e normale, ci ritroviamo insieme, nelle case o al ristorante, con tutte le dovute precauzioni, a celebrare la fine dell’anno e l’inizio di un anno nuovo, con diverse usanze e riti di buon auspicio comunque imprescindibili, sia in Italia che nel resto del mondo. Ecco perché e qual’è il loro significato.

Le origini romane di alcuni riti della festa di Capodanno giunti fino ad oggi: il significato dei colori e i cibi di buon auspicio

Mentre le festività religiose possono essere più o meno collocate temporalmente, del Capodanno inteso come festa, non si hanno molte informazioni che ne spiegano le “esatte” origini, tranne sapere che è anch’esso una tradizione piena di rituali che risale alla notte dei tempi.

Tra i vari simboli e significati del Capodanno, è nel periodo dell’antica Roma, che la sua celebrazione rituale prende una forma più definita, collegata alla figura del dio Giano, il dio degli inizi materiali e immateriali. Per questo tempo infatti, sono stati proprio i Romani a dare inizio ad alcune usanze, che per diversi aspetti sono giunte fino ai nostri giorni.

A loro si deve ad esempio la pratica di invitare a pranzo gli amici e scambiarsi doni, quelle “strenne” in pratica, che noi usiamo scambiarci a Natale, e il cui nome deriva dall’usanza degli “streniarum commercium”, cioè i regali che all’epoca erano donati all’arrivo del nuovo anno, e che dovevano attirare l’abbondanza per tutta la sua durata.

E il dono scambiato, nel caso dei romani, era costituito sostanzialmente da vasi di ceramica bianca ricolmi di miele, datteri e fichi, pietanze di buon augurio, che venivano regalate insieme a ramoscelli d’alloro, simboli anch’essi di fortuna e felicità. Tali tradizioni, soprattutto riguardo al cibo, in qualche modo non si sono mai perse.

Datteri e i fichi, ma anche uva fresca e secca, vengono infatti da sempre consumati durante le feste di Natale e Capodanno, in Italia ma anche in Spagna, dove ad esempio si svolge il rito dei 12 chicchi d’uva mangiati durante i 12 rintocchi della mezzanotte. Questo rito, così come quello di mangiare le lenticchie, altrettanto tipiche delle tavole dell’antica Roma, e quello di rompere il frutto del melograno per far cadere il maggior numero di chicchi per terra – in uso in Grecia -, voleva richiamare all’epoca e richiama ancora oggi, abbondanza e denaro (leggi qui).

Mangiati insieme ai famosi e ottimi legumi simbolo dell’abbondanza, ci sono poi oggi il cotechino e lo zampone di maiale, per rappresentare anche quella carne che dà sostanza, consumata per augurare e augurarci un nuovo anno all’insegna della ricchezza di cibo sulle tavole.

E chissà che non ci sia qualche collegamento con l’antica Roma, anche nella scelta di alcuni colori inconsueti rispetto al classico rosso usato alla fine dell’anno. Ad esempio tra il bianco del vaso romano donato in pace nell’antichità, e ricco di doni portafortuna, e il colore bianco della veste scelta dal popolo brasiliano, nel rito che li vede in spiaggia il primo giorno dell’anno a cavalcare le prime sette onde del mare, per accogliere in pace la forza della natura e gli spiriti, e proteggere i bambini dai malanni.

Ma anche se sui colori vi è un capitolo a parte a livello mondiale sul loro significato benaugurale, con qualche eccezione internazionale come il giallo, color dei soldi, che in Messico viene indossato l’ultimo dell’anno, il colore del Capodanno occidentale è da sempre il rosso.

La spiegazione sull’uso di questo colore, è ancora una volta da rintracciare nella ritualità della Roma antica. Il rosso è infatti il colore del sangue e della guerra, che veniva indossato dai romani per allontanare la paura, e che oggi, portato nella notte a cavallo tra la fine dell’anno vecchio e l’inizio del nuovo, serve più che altro ad allontanare la paura del nuovo e dell’ignoto, specie se malevolo.

Tra gli innumerevoli approcci e tradizioni che ci introducono al nuovo anno, e spesso con il desiderio di allontanare con gesti forti il vecchio che non vogliamo più, il rito distruttivo di lanciare dalla finestra o per terra, oggetti di cui ci si vuole liberare, appartiene maggiormente all’Italia, dove viene vissuto forse fin troppo specialmente nel sud.

Ma il gesto caratteristico e pittoresco di rompere i piatti (vecchi), appartiene anche ad un insospettabile competitor del nord Europa: la Danimarca. Qui a fine anno, gli abitanti si scatenano rompendo piatti di fronte alla porta di casa dei propri cari, non con l’intento di esternare vecchi rancori, al contrario è così che i danesi augurano in modo quantomeno bizzarro, fortuna e felicità ai propri parenti e amici.

Queste pittoresche abitudini ottengono il doppio effetto, oltre a quello a disfarsi del vecchio e a romperlo definitivamente, di fare tanto rumore per scacciare via gli spiriti maligni, che è il senso poi dei classici botti di Capodanno, un’abitudine che allo scoccare della mezzanotte purtroppo viene ancora fin troppo rispettata, anche se per i festeggiamenti dell’anno nuovo, ormai esistono tante alternative meno dannose per i nostri amici animali (leggi qui).

Tra le innumerevoli tradizioni del Capodanno in giro per il mondo, val la pena di concludere questa breve rassegna, con il “rito” della purificazione della casa dagli spiriti maligni. Un rito che si svolge aprendo due finestre della casa, una finestra in una stanza buia per allontanare gli spiriti maligni, ed una in una stanza illuminata, per attirare quelli benigni.

Il gesto, inevitabilmente ci richiama all’abitudine di far cambiare spesso l’aria, che abbiamo ormai tutti acquisito maggiormente in tempo di Covid. E quest’anno, che ci trova riuniti in una condizione che coinvolge all’unisono i popoli del pianeta, il “rito” diventa ancora una volta qualcosa di più, che speriamo ci porti una ventata di salute.

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