A quasi quattro anni dall'incidente sbarcherà in un'aula di giustizia il caso di Elena, la giovane uccisa dal manto sconnesso dell'Ostiense il 7 maggio 2018.
Morte di Elena Aubry. Fabio Pacciani, Roberto Botta, Marco Domizi, Nicola Di Bernardini, Fabrizio Pennacchi, Alessandro Di Carlo, Paolo Fantini e Francesco Campagnoli. Sono otto, tra dirigenti e funzionari comunali, e responsabili della ditta, a cui è stata notificata la richiesta di rinvio a giudizio con l’accusa di omicidio stradale in soccorso per non essersi curati, secondo i pm, della manutenzione della strada.
A quasi quattro anni dall’incidente sbarcherà in un’aula di giustizia, dunque, il caso di Elena, la giovane uccisa dal manto sconnesso dell’Ostiense il 7 maggio 2018.
Gli otto imputati dovranno presentarsi il 10 gennaio a piazzale Clodio di fronte al gup Roberta Conforti. In cima alla lista di pubblici ufficiali ci sono gli ultimi due direttori del dipartimento Sviluppo infrastrutture e manutenzione urbana, il Simu: Roberto Botta e Fabio Pacciani. Per l’accusa sarebbe stato loro dovere dare l’ordine di abbattere gli alberi che hanno originato il dissesto dell’asfalto.
Del Simu Anche Francesco Compagnoli, responsabile della manutenzione ordinaria di quel lott e Marco Domizi, responsabile della manutenzione stradale.
Nell’elenco anche due funzionari del Decimo Municipio: Nicola De Berardini, direttore tecnico e Paolo Fantini, direttore dell’ufficio manutenzione. Alessandro Di Carlo era addetto alla sorveglianza, mentre Fabrizio Pennacchi è invece il rappresentante legale dell’azienda incaricata di effettuare i lavori in via Ostiense.
La mattina del 6 maggio 2018, su via Ostiense, Elena, 26 anni, universitaria e grafica, è in moto verso Roma. Al suo fianco due auto e uno scooter. Ha un appuntamento di lavoro, ma all’improvviso arriva lo schianto.
La biker viene sbalzata contro il guard rail e poi lontano sull’asfalto. Uccisa dalla strada sconnessa, accerteranno le perizie. A conferma dopo mesi di indagini anche sei testimonianze.
Graziella Viviano, la madre di Elena, intrapreso una battaglia affinché, le strade non uccidano più: “Saremo tutte donne, dal pm al giudice. Donne che hanno già cambiato l’orientamento della magistratura in questa materia. Prima di Elena non era concepibile portare alla sbarra le istituzioni”, ha concluso.
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