La storia del Ponte di Ferro, monumento del riuso, di una vocazione fallita e di resistenza

Il Ponte di Ferro costituisce un simbolo per i romani: dalla ferrovia del Papa, alla vocazione industriale fino all’eccidio nazista

Ponte di ferro immagine storica

Il Ponte dell’Industria, o Ponte di Ferro come lo chiamano i romani, è uno dei viadotti sul Tevere più amati nella città. Sarà forse per il cambio destinazione subito nel tempo, per quella sottesa vocazione alla cittadella industriale mai nata, per lo straziante e feroce eccidio consumato dai nazisti nei confronti di 10 donne, per la funzione di giuntura tra luoghi della movida. Fatto è che il rogo della notte scorsa (leggi qui) costituisce per i romani una ferita profonda.

Il Ponte di Ferro costituisce un simbolo per i romani: dalla ferrovia del Papa, alla vocazione industriale fino all’eccidio nazista

Si teme che ci vorranno forse mesi per riaprire alla circolazione veicolare il Ponte di Ferro. Le alte temperature dell’incendio potrebbero aver inciso sulla sua staticità. E, com’era stato già nel 2013, sarà un altro strazio per il questo quadrante della città.

Come nasce il Ponte di Ferro

Quando si decide di sostituire con la Stazione Termini la periferica e poco funzionante stazione ferroviaria di Porta Portese (ancora visibile in viale Trastevere), cui faceva capo la linea Roma-Civitavecchia, per unire questa linea con quella di Roma-Ceprano, su proposta del governo pontificio, fu concessa l’autorizzazione a costruire un pome ferroviario in ferro sul Tevere tra il monte Testaccio e la zona di S. Paolo. Attraverso questo ponte, denominato inizialmente «San Paolo» dalla vicina Basilica sull’Ostiense, la linea Roma-Civitavecchia avrebbe raggiunto agevolmente Roma-Termini, stazione che intorno al 1860 stava assumendo il ruolo di stazione centrale. Nel 1911, con la realizzazione del vicino ponte ferroviario in muratura, ebbe termine la primitiva funzione ed oggi, con il nuovo nome di “Ponte dell’Industria”, il manufatto é utilizzato, oltre che per smaltire una discreta quantità di traffico, anche per il passaggio di un gasdotto.

E’ stato denominato Ponte dell’Industria perché agli inizi del secolo l’amministrazione intendeva realizzare lungo via Ostiense, oltre le mura, l’area industriale di Roma. Da qui la nascita della Centrale Montemartini, il gazometro, il progetto di un corridoio d’acqua da Ostia Castelfusano fino a San Paolo e persino la costruzione del quartiere popolare che doveva ospitare le maestranze della zona industriale, la Garbatella. Piano tramontato per scelte diverse che partirono dalla collocazione dei mercati generali e dallo spostamento del porto di riferimento di Roma a Civitavecchia.

L’inaugurazione nel 1863

I lavori iniziati nel 1862 furono portati avanti cosi alacremente che dopo 18 mesi, il 10 luglio 1863, poté transitare sul ponte la prima locomotiva. II 14 dello stesso mese cominciarono le prove di carico sotto la sorveglianza degli ingegneri pontifici che vi fecero passare contemporaneamente anche due treni, dei quali uno alla «velocité di 50 Km. orari». Finalmente il 24 settembre sul ponte passò ufficialrnente il treno della Iinea Roma-Civitavecchia e fu lo stesso Pio IX a presenziarne l’inaugurazione insieme ad una commissione inglese. Nel 1911, dopo l’entrata in esercizio del nuovo ponte ferroviario, la struttura fu sottoposta a radicali rifacimenti. Rimasero in piedi solamente i piloni, mentre l’impalcato venne sostituito con gli elementi del demolito ponte provvisorio (ponte degli Alari), ubicato nelle vicinanze di Castel S. Angelo. Nel 1980 il ponte ha subito un sostanziale restauro che ha permesso oltre al consolidamento delle strutture in ferro, anche la realizzazione del traffico automobilistico su entrambi i sensi.

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Una rara immagine del giorno dell’inaugurazione del Ponte di Ferro, con al centro degli ospiti papa Pio IX

I numeri del Ponte

Il Ponte dell’Industria o Ponte San Paolo o Ponte di Ferro come lo chiamano i romani é lungo 131,20 metri e largo 7,25, con tre luci a travate metalliche. La struttura metallica è stata costruita in un’officina inglese e poi assemblata sul posto. L’impalcato originario era costituito di tre campate in ferro a traliccio di cui una, quella centrale, era mobile allo scopo di permettere la navigazione fluviale che si realizzava con piroscafi e barconi dal porto di Ripagrande alla foce di Fiumicino. L’impalcato attuale è sempre in ferro, ma é formato di due elementi parabolici. Le spalle e le pile, che si vedono oggi, sono la riproduzione esatta (cambia il materiale che è interamente di cemento) di quelle realizzate all’epoca della costruzione del ponte e some formate da elementi cilindrici in ghisa di 1.20 m. di diametro e di 1.80 m. di altezza, riempiti internamente in calcestruzzo fino alla sommità di ciascun tubo e collegati fra loro mediante grappe di ferro.

Ogni spalla é costituita di sei colonne unite nella parte superiore per mezzo di una trave che poggia sopra a capitelli in ghisa. I tubi che costituiscono le pile, situate in mezzo al fiume, furono spinti fino alla profondità di 14 m. sotto il fondo dell’alveo, mentre quelli che formano le spalle giunsero alla profondità media di 7.00 m. Dopo il restauro, il ponte presenta una sede stradale più ampia di 1 m., essendo stata portata la carreggiata da 4 m. a 5 m. I due marciapiedi hanno subito, di conseguenza, una riduzione passando da circa 2.60 m. ad 1.60 m. ciascuno. Il transito sul ponte é stato per decenni vietato a tutti gli automezzi aventi un tonnellaggio superiore alle sei tonnellate ed un ingombro di 2.30 m. e 2.60 m. rispettivamente in larghezza e altezza.

L’inaugurazione del 1863

All’inaugurazione, il 24 settembre 1863, «Tutto avveniva con una semplicità commovente. Non c’erano né padiglioni allestiti, né bandiere, né discorsi», scrive ii diplomatico Henry D’Ideville (1830-87). «Il Papa non aveva fatto annunciare la visita, e alle quattro solo gli interessati, i quali erano stati avvertiti, si trovavano riuniti. Si fecero funzionare davanti a Pio IX i meccanismi e quattro uomini, con sorprendente facilità, abbassarono e sollevarono successivamente l’immenso ponte levatoio sotto gli occhi dei presenti meravigliati. Monsignor De Merode, uomo di progresso e di iniziativa, correva da un gruppo all’altro e spiegava il meccanismo del ponte con l’ardore e la volubilità che sono del suo carattere. Tutti circondavano Pio IX: donne, contadini e ragazzi s’arrampicavano e scendevano a precipizio sui tumuli erbosi per vedere meglio il Papa e poter raccogliere qualche briciola della sua conversazione. Un grande numero di stranieri e di turisti, ch’era alla passeggiata nella campagna, avevano fatto fermare le vetture, incantati di trovarsi ad assistere a questo spettacolo imprevisto».

Lo storico Raffaele De Cesare (1845-1918) a commento successivo scrisse: «Era un’impressione indimenticabile quella che si aveva al momento in cui il treno traversava lentamente il ponte sul Tevere. ll vedersi librati in aria sul fiume e sopra un ponte che si apriva per far passare i navigli impressionava talmente, che pochi da principio osavano affacciarsi agli sportelli».

L’eccidio nazista

Il ‘Ponte di ferro’ è anche noto per l’eccidio di dieci donne giustiziate dalle SS il 7 aprile 1944. Le vittime dell’episodio furono giustiziate dalle truppe del servizio di sicurezza delle SS, a seguito di un assalto al forno Tesei che riforniva di farina le truppe d’occupazione della Germania nazista: queste, sorprese dai militari tedeschi con pane e farina, furono allineate sulle transenne del ponte dell’Industria sul lato di via del Porto Fluviale e fucilate. Ai familiari delle vittime fu impedito di recuperare i corpi che rimasero su quel ponte fino al mattino successivo. Le salme furono poi caricate su un camion e nessuno seppe dove vennero portate e sepolte.

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